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Pentimento: una totale inversione di marcia verso la vita eterna!

Ed ecco un tale si avvicinò e gli disse: «Maestro buono, che devo fare di buono per avere la vita eterna? E Gesù rispose: «Se tu vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti» alcuni dei quali sono «non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, onora tuo padre e tua madre e ama il tuo prossimo come te stesso» (Matteo 19:16-19).

Questa è una delle tante scritture bibliche che fa capire chiaramente che Dio si aspetta la nostra ubbidienza ai Dieci Comandamenti; eppure molti insegnano l’opposto! Affermano che il sacrificio di Cristo ha posto fine alla legge spirituale di Dio. Perché un così grande errore?
Dio ci avverte che «tutto il mondo» è sedotto da Satana il diavolo (Apocalisse 12:9 e che «la mente controllata dalla carne è inimicizia contro Dio, perché non è sottomessa alla legge di Dio e neppure può esserlo» (Romani 8:7). Le leggi di Dio, invece, sono molto buone per noi! (Romani 7:12). Ci aiutano a capire dove cambiare per far sì che il nostro carattere assomigli sempre di più a quello di Gesù Cristo.

Due ostacoli e una duplice soluzione

La via che conduce alla vita eterna ha due ostacoli. Primo, perché è impossibile per la nostra natura umana ubbidire alla perfezione i comandamenti di Dio. Secondo, anche se la nostra ubbidienza fosse perfetta, ciò non cancellerebbe la nostra colpa per i nostri peccati passati. La condanna cui siamo già incorsi continuerebbe ad esigere la nostra morte (Romani 6:23).
E’ allora qual è la soluzione? Possiamo far sì che quei due ostacoli siano rimossi! Come? Per prima cosa, riconoscendo le nostre colpe e chiedendo – ed ottenendo – il perdono di Dio per i nostri peccati passati. Non è mai troppo tardi.
Secondo, dovremmo ricevere il «dono dello Spirito santo di Dio» il quale ci aiuterà gradualmente a vincere la nostra natura egoistica e a crescere nel carattere di Cristo.
Ma come poter ricevere il perdono e lo Spirito di Dio? Per tramite della fede nel sacrificio e nella risurrezione di Gesù, il Messia! Questa straordinaria, meravigliosa verità fu annunciata dall’apostolo Pietro alla folla rimasta stupita per la miracolosa ed eclatante manifestazione dello Spirito Santo sui primi credenti (Leggere l’intero capitolo 2 del libro degli Atti degli Apostoli).
Le parole di Pietro suscitarono nella folla un gran senso di colpa e di timore del giudizio di Dio, riconoscendo di aver contribuito all’uccisione del Messia, ora «risuscitato ed «innalzato alla destra di Dio».
Come reagirono a tutto questo? La loro reazione fù di grande vergogna, sentirono una fitta al cuore e allora «chiesero a Pietro e agli altri apostoli: Uomini, fratelli, che dobbiamo fare?» (Atti 2:37).
Non sapevano che cosa fare. Il loro dispiacere e senso di colpa, uniti al grande desiderio di essere perdonati, riconciliati e salvati, fu tale da far loro umilmente chiedere: «Fratelli, che dobbiamo fare?» Erano disposti a fare qualunque cosa per ottenere il perdono di Dio e la salvezza.
«Allora Pietro disse loro: Ravvedetevi e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo per il perdono dei peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo» (versetto 38).
Questa istruzione ha un grande valore dottrinale, perché spiega autorevolmente – ed incontestabilmente – che per diventare eredi dello Spirito di vita eterna, ogni essere umano deve prima ottenere il perdono di Dio, a seguito del ravvedimento dei propri peccati e della propria fede nel Cristo risorto e vivente. (Ciò significa che il battesimo amministrato a persone ignare di tutto questo non è valido).

Che cosa è il vero pentimento?

Capire che cosa è il ravvedimento, è di vitale importanza. Ravvedersi non significa soltanto avere sentimenti di rimorso, rimpianti, tristezza per tutti i nostri errori. Provare questi sentimenti non basta. Dire “mi dispiace” ogni volta, non basta. Il vero ravvedimento è quello che desidera ardentemente e prega ferventemente e si sforza di realizzare ogni giorno un reale cambiamento nel proprio modo di pensare ed agire. Significa fare un dietro front e lasciare alle spalle il nostro stile di vita peccaminoso. Significa vivere la via di Dio.
Il vero ravvedimento non è vantare a parole la propria fede, ma è «convertirsi a Dio, facendo opere degne di ravvedimento» (Atti 26:20, Giacomo 2:17).
Cadere è umano, ma il pentimento sincero ci consente di tornare a pregare, di rialzarci e di ottenere il perdono di Dio, il quale ci giustifica mediante la nostra fede nel sangue del Suo figliolo Gesù Cristo. Questo grande amore di Dio è quello che ci fa tornare a camminare nella via di Dio.
Ma cos’è la via di Dio? E’ vivere l’amore di Dio in modo genuino, perché «Dio è AMORE» (I Giovanni 4:8, 16). Gesù ci comanda di amare Dio e di amare il nostro prossimo (Matteo 22:37-40). L’amore che Dio infonde nei nostri cuori include l’ubbidienza alla Sua santa Legge, la quale definisce l’amore perfetto:
«Questo infatti è l’amore di Dio: che noi osserviamo i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi» (I Giovanni 5:3).

Pentirsi, ma di cosa?

Ovviamente questo ci porta a chiederci: Di cosa dobbiamo pentirci? La risposta è: dei nostri peccati! Ma che cos’è il peccato? Fate questa domanda ad una decina di persone e vi daranno 10 risposte diverse. Ma è la Bibbia l’unica fonte di verità, è lì che dobbiamo guardare per trovare le risposte della vita.
La definizione biblica del «peccato» è in I Giovanni 3:4: «Chiunque commette il peccato, commette pure una violazione della legge; e il peccato è la violazione della legge».
Non c’è uomo o nazione che non abbia peccato. Ma Dio ha il profondo desiderio di perdonare tutti ed esorta gli esseri umani a pentirsi e a cambiare vita. Lo fa con noi come con Israele:
«Perciò giudicherò ciascuno di voi secondo le sue vie… dice il Signore, l’Eterno. Ravvedetevi e abbandonate tutte le vostre trasgressioni, così l’iniquità non vi sarà più causa di rovina… Gettate da voi tutte le vostre trasgressioni che avete commesso e fatevi un cuor nuovo e uno spirito nuovo. Perché mai voi vorreste morire, o casa d’Israele? Infatti non provo alcun piacere nella morte di chi muore, dice il signore, l’Eterno. Convertitevi dunque e vivrete!» (Ezechiele 18:30-32).
Proprio così. Possiamo avere una vita gioiosa adesso in prospettiva di una vita eterna. Oltre che pentirci del peccato in sè dobbiamo abbandonare i pensieri negativi che ci inducono a peccare. Riusciremo a farlo se chiediamo a Dio di aiutarci con il Suo Spirito. «Se dunque voi che siete malvagi, sapete dare buoni doni ai vostri figli, quanto più il Padre vostro, che è nei cieli, darà cose buone a coloro che gliele chiedono» (Matteo 7:11).
Dobbiamo però chiedere con assoluta sincerità. «Dio dice: il cuore è ingannevole più di ogni altra cosa e insanabilmente malato; chi lo può conoscere? Io, l’Eterno, investigo il cuore, metto alla prova la mente per rendere a ciascuno secondo le sue vie, secondo il frutto delle sue azioni» (Geremia 17:9).
Dobbiamo quindi pentirci e pregare come re Davide, che supplicava Dio dicendo: «O DIO crea in me un cuore puro e rinnova dentro di me uno spirito saldo» (Salmi 51:7-10).

La tristezza che porta alla vita
Dio ci ha donato una coscienza, infatti quando iniziamo ad avere un atteggiamento scorretto o sleale, il senso di colpa, il dispiacere e la vergogna sorgono automaticamente. L’apostolo Paolo ha scritto: «La tristezza secondo Dio infatti produce ravvedimento a salvezza, che non ha rimpianto; ma la tristezza del mondo, produce la morte» (2 Corinzi 7:10).
Qual è la differenza tra i due tipi di tristezza? La tristezza secondo il cuore di Dio ci fa riconoscere il nostro peccato contro di Lui, vale a dire «la necessità della nostra conversione», chiedendo in lacrime il perdono di Dio (Salmi 51:4; Atti 20:19-21). Il perdono di Dio ci fa ritrovare la voglia e la forza di rialzarci e cambiare la nostra vita.
La «tristezza del mondo» fa invece leva sull’egoismo, sulla vanità e sulla superbia, le quali spingono l’uomo alla ricerca di piaceri sbagliati, alla dannazione e al suicidio spirituale, sapendo in cuor suo di essere da Dio giudicato degno di condanna (Ebrei 12:16-17).
Vediamo alcuni esempi di persone salvate grazie alla «tristezza secondo Dio». In Romani 7 leggiamo della profonda tristezza che assaliva l’apostolo Paolo tutte le volte che constatava di essere stato vinto dal peccato. Nel Salmo 51°, leggiamo che il cuore di Davide era dilaniato per tutti gli errori che aveva commesso, tant’è che le sue preghiere erano tutte tristi e con un gran bisogno di essere perdonato da Dio.
Lo stesso fù per Giobbe quando finalmente arrivò ad ammettere quanto debole lui fosse, ma quanto grande era invece l’amore di Dio nel perdonarlo. Disse: «Perciò provo disgusto nei miei confronti e mi pento sulla polvere e sulla cenere» (Giobbe 42:6).
E’ difficile per noi essere umani vedere e ammettere i nostri errori, e chiedere scusa. Ma il vero pentimento consiste nel confessare i nostri peccati a Dio, esprimendogli tutta la nostra tristezza e chiedendo il suo perdono e supplicandolo di aiutarci a superare le nostre debolezze cercando di non commettere più gli stessi errori.
Davide pregava Dio riconoscendo i suoi errori (Salmi 51:3).L’apostolo Giovanni ha scritto per noi: «Se noi confessiamo i nostri peccati Egli [Dio] è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità» (I Giovanni 1:9).
Ricordate che ogni volta che inciampiamo, il Padre nostro celeste è sempre disposto ad aiutarci a ritornare sulla retta via. Ma è indispensabile prima pentirci e trovare la forza di chiedergli di aiutarci. Dopo di che avremo la certezza che Dio ci ha perdonati.
All’improvviso avremo un senso di pace e di gioia mentale che dominerà il nostro cuore sapendo che i nostri vecchi peccati non ci separano più da Dio (Salmi 32.1-2) «Ma le vostre iniquità hanno prodotto una separazione fra voi e il vostro Dio, e i vostri peccati hanno fatto nascondere la sua faccia da voi, per non darvi ascolto» (Isaia 59:2).

La «grazia» e il «perdono»

Che valore diamo noi alla «grazia» e al «perdono» di Dio? Conosci la differenza? La grazia di Dio è l’inizio e lo scopo della nostra salvezza, il che consiste nella «santa chiamata» che Dio ha deciso di rivolgerci quando lo ignoravamo. Per questo motivo ha detto: «Nessuno può venire a me, se il Padre che mi ha mandato non lo attira…» (Giovanni 6:44, Matteo 13:10-16).
Il perdono invece chiama in causa noi, a riconoscere prima i nostri peccati, di ravvederci e rattristarci profondamente e di supplicare Dio per riconciliarci con Lui. Dio dà il perdono solo quando la persona pentita glielo chiede in preghiera (Atti 11.18; II Timoteo 2.25). Quando non c’è questa attitudine, non c’è neppure il perdono.
Dio ci chiama «aprendo la nostra mente» alla comprensione delle cose di Dio, soprattutto della gravità e delle conseguenze letali della trasgressione della Sua santa legge (Luca 24:45, Efesini 4:20-23, I Corinzi 2:9-16).
Vengono quindi a Cristo – e sono di Cristo – quelli che rispondono alla santa chiamata di Dio attaverso la fede nel Vangelo e il ravvedimento dei propri peccati (II Tessalonicesi 2:14, Atti 2:38). La chiamata di Dio, questa Sua grazia, è un atto d’amore, dono meraviglioso da non trascurare (Efesini 2:8).
L’apostolo Paolo ha scritto: «Ovvero disprezzi tu le ricchezze della sua benignità, della sua pazienza e longanimità, non conoscendo che la bontà di Dio ti spinge al ravvedimento?» (Romani 2:4).
Come leggiamo in Atti 2:38, quando una persona si pente e crede al Vangelo, il passo successivo è il «battesimo» (Atti 2:38). Quello che ci è stato fatto da neonati o da bambini non ha alcun effetto salvifico, perché Gesù dice: «Se non vi ravvedete, perirete tutti allo stesso modo» (Luca 13: 3-5). Ascoltiamo perciò gli avvertimenti, come è scritto in II Pietro 3:9: «Il Signore non ritarda l’adempimento della sua promessa, come alcuni credono che Egli faccia, ma è paziente verso di noi, non volendo che nessuno di noi perisca, ma che tutti vengano a ravvedimento».
Similmente, in Luca 15:10, Gesù afferma che «vi sarà grande gioia presso gli angeli di Dio per un solo peccatore che si ravvede». Il prossimo potresti essere tu?
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