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America ed Europa di fronte a un bivio

La politica economica ed estera americana degli ultimi anni ha dimostrato come quel paese sia diviso in termini di orientamento, valori e futuro. Paradossalmente però, la sua economia e la sua forza militare restano sempre le più potenti al mondo, nonostante la costosissima guerra contro l’Iraq e il terrorismo e la recente crisi finanziaria globale. Il Prodotto Interno Lordo americano, ovvero la produzione totale di merce e servizi, è circa un terzo di quella mondiale. L’economia è due volte e mezzo superiore di quella giapponese, otto volte e mezzo di quella cinese e trenta volte di quella russa.

Il budget economico militare americano è maggiore di quello di Russia, Cina e Unione Europea messi insieme. Inoltre, solo gli Stati Uniti coprono l’80% della spesa totale mondiale per ricerca e sviluppo in ambito militare, pertanto possiedono le armi più avanzate al mondo — come dimostrato durante le facili vittorie che hanno fatto cadere i regimi ostili in Afghanistan nel 2001 e in Iraq nel 2003.
Eppure perché una superpotenza come gli Stati Uniti sembra non essere più in grado di assicurare la pace in Iraq e Afghanistan? Perché la nazione più potente della storia è oggi apertamente sfidata dall’Iran e dalla Corea del Nord in merito alla ricerca sulle armi nucleari? E fattore ancora più importante: che cosa preannuncia questa situazione per il futuro dell’America e del resto del mondo, specialmente per le altre nazioni occidentali?

La recente travagliata storia militare

Aprendo le pagine di un qualsiasi giornale americano leggiamo commenti e opinioni sulla situazione in Iraq simili a quelli riportati nel 1964 nei confronti del Vietnam. In quell’anno la stampa descriveva il conflitto nel sud-est asiatico come una guerra sporca e spietata di cui non si vedevano scontri in prima linea e neppure la fine… una fine che non sembrava possibile entro l’anno successivo o in un immediato futuro.
Le condizioni in Vietnam stavano per peggiorare drasticamente dato che il conflitto si trascinò per un’altra decina d’anni, fino alla metà degli anni ’70. Il presidente Barack Obama deve convivere con il fatto che la pazienza sia del Congresso americano che dei cittadini è inferiore rispetto ai precedenti conflitti. Come accadde in Vietnam, la maggior parte degli americani non ha più la forza per sopportare un conflitto lungo e sanguinoso.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1945, gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’Unione Sovietica governavano il mondo avendo sconfitto le Forze dell’Asse costituito da Germania, Italia e Giappone. Tuttavia, le bombe nucleari su Hiroshima e Nagasaki e la guerra unilaterale contro l’Iraq hanno seminato nel mondo terrore e fortissimi dubbi sull’integrità morale della politica anglo-americana. Nel giro di un decennio, infatti l’Impero Britannico, per lungo tempo una potenza ben consolidata in tutto il mondo, fu virtualmente smantellato (con poche eccezioni quali Gibilterra e Hong Kong, quest’ultima tornata alla Cina solo recentemente nel 1997).
Consumata dal costo di una lunga guerra, la Gran Bretagna non era più in grado di sostenere il suo impero. A ruota, anche se in maniera meno eclatante e meno velocemente, gli Stati Uniti si sono imbarcati in quel medesimo destino, diventando un impero finanziario mediante la globalizzazione dei mercati e dislocando le sue forze armate nei punti nevralgici e caldi del mondo. Ma essere un impero esige un altissimo costo, che oggi si rivela logorante e insostenibile.
Grazie agli Stati Uniti, l’Unione Sovietica perse la lunga Guerra Fredda che terminò con la caduta epocale del Muro di Berlino nel 1989 di pari passo con il conseguente crollo della cortina di ferro, da anni auspicata da tutto l’Occidente.
David Rothkopf, ex consigliere per la sicurezza nazionale del governo americano, sostiene che durante la Guerra Fredda la capacità degli Stati Uniti di agire a livello internazionale fu vincolata dagli interessi e le forze neutralizzanti dell’Unione Sovietica. La nazione poteva intervenire, ma doveva costantemente prevedere e controbilanciare una possibile reazione da parte di un forte avversario.
Da qui nascque il concetto di guerra limitata, la posta in gioco era troppo alta perché l’America mettesse ancora tutto a rischio. Il Ponte Aereo di Berlino nel 1948-49, l’aereo-spia U2 pilotato da un americano abbattuto in territorio sovietico nel 1960 e la crisi missilistica cubana del 1962 furono tre incidenti estremamente pericolosi che portarono l’America a un potenziale conflitto nucleare con l’Unione Sovietica.

Le disfatte in Corea e nel Vietnam

Nei primi anni ’50, la Corea del Nord mise alla prova la volontà degli Stati Uniti di assicurare la pace nel mondo e di contrastare la minaccia comunista nel sud-est asiatico.
Per cessare la guerra coreana (1950-1953), gli Stati Uniti concordarono la fine degli scontri senza vincitori né vinti, una condizione che, considerando i recenti test della Corea del Nord sulle armi nucleari, dimostrò quanto poco lungimirante sia stata la scelta del governo americano rispetto alla volontà di continuare e arrivare a una ovvia vittoria come auspicato dal Generale americano Douglas MacArthur. Le considerevoli forze militari americane sono ancora oggi dislocate in Corea del Sud per garantire una pace non facile.
Il periodo di “stallo” coreano fu seguito dalla disfatta in Vietnam negli anni ’60 e ‘70. Ancora una volta, la volontà americana di presidiare sulla terra era messa in gioco. I sostenitori della guerra fecero riferimento alla teoria dell’effetto domino, secondo la quale il sud-est asiatico avrebbe potuto entrare in un regime comunista come quello della Corea del Nord se non ci fosse stato il fermo intervento degli Stati Uniti.
Durante il conflitto, il presidente americano disse: «Qui si sta mettendo alla prova la nostra volontà». Le immagini più eloquenti della fine di quel conflitto logorante sono quelle degli elicotteri statunitensi che evacuano il personale militare e goverantivo insieme alle loro famiglie nel sud del Vietnam dal tetto dell’ambasciata americana mentre le truppe prorompenti di Ho Chi Minh provenienti dal nord conquistavano Saigon. Poco dopo, le vicine Cambogia e Laos caddero nelle mani dei comunisti.

Nuove minacce

Lo storico Niall Ferguson sottolinea che la dottrina della guerra limitata portò a una condizione senza vincitori né vinti in Corea e a una sconfitta in Vietnam. Il risultato fu la morte di milioni di persone nel sud-est asiatico.
Dopo la sconfitta in Vietnam, Ronald Reagan avviò un significativo e costoso programma militare per ripristinare la supremazia americana. Ben presto l’Unione Sovietica fallì, causando il crollo della cortina di ferro e il ripristino della libertà ai paesi dell’Europa orientale. L’America divenne in poco tempo l’unica superpotenza al mondo, non senza mancare a volte di saggezza nelle decisioni strategiche.
Il presidente John F. Kennedy in uno dei suoi discorsi promise di «combattere contro qualsiasi nemico nell’interesse della libertà e giustizia del mondo». Riconobbe successivamente che la potenza americana aveva dei limiti e che non poteva intervenire in tutti i conflitti del pianeta. Anche chi detiene un grande potere deve limitare l’uso del proprio arsenale e decidere in modo intelligente quando e dove intervenire nell’interesse della nazione.
Tornando ai giorni d’oggi, la minaccia più preoccupante ai danni della leadership americana si è manifestata l’11 settembre 2001, con gli attacchi suicida al World Trade Center di New York e al Pentagono, a Washington D.C., con una tragica perdita subitanea di circa 3.000 vite. Solo allora gli Stati Uniti si sono effettivamente accorti del fatto che la macchina terroristica islamica era in guerra contro l’America da 20 anni (ricordiamo Beirut nel 1982, l’attacco alle Torri Gemelle nel 1993, i bombardamenti all’ambasciata in Africa nel 1998 e l’attacco del 2000 alla U.S.S. Cole, per citarne alcuni).

Da nazione ad impero

Nel 1939, l’America aveva un esercito relativamente nazionale con poche se non nessuna allenza militare e quasi nessun soldato dislocato nei paesi esteri. Ad eccezione di una o due imprese in Messico e Cuba e ovviamente la Prima Guerra Mondiale, le guerre con paesi stranieri erano state un fenomeno raro fino ad allora, soprattutto rispetto all’Europa. La tendenza dell’America dominante virava verso l’isolazionismo.
Tuttavia, con l’enorme coinvolgimento americano nella Seconda Guerra Mondiale dopo l’attacco giapponese di Pearl Harbor verso la fine del 1941, la situazione cambiò rapidamente. Da allora, gli Stati Uniti hanno sviluppato un esercito, una marina militare e un’aviazione permanenti decisamente imponenti con significativi budget militari a disposizione. Dal punto di vista tecnologico, gli armamenti sono ancora più imponenti.
Tuttavia, la sicurezza nazionale americana è sempre stata costantemente a rischio, forse mai tanto quanto ora a causa del terrorismo. Nonostante i significativi interventi militari americani nella Prima Guera del Golfo nel 1991, in Afghanistan nel 2001 e in Iraq nel 2003, i problemi non sono scomparsi. L’America ha dimostrato di avere una forza militare in grado di vincere la guerra, ma non necessariamente di riportare la pace.
Il motto nazionale degli Stati Uniti, come indicato sulla moneta nazionale è “In God We Trust” (Noi confidiamo in Dio). Eppure sembra che Dio sia stato completamente dimenticato. Esiste forse una dimensione morale che abbia un effetto superiore sulle sorti nazionali dell’America rispetto a quanto non immaginiamo?
Per trovare una risposta a questa domanda, è bene consultare con attenzione una fonte valida e affidabile che la maggior parte della gente conserva in casa: la Bibbia.
Leggiamo un passaggio da Deuteronomio 32:7-9: «Ricorda i giorni antichi… Quando l’Altissimo diede alle nazioni la loro eredità… Egli fissò i confini dei popoli, in base al numero dei figli di Israele. Poiché la parte dell’Eterno è il Suo popolo; Giacobbe è la porzione della Sua eredità.»

«La giustizia innalza»

Dio manteneva fisso il Suo sguardo sull’antico Israele e nulla è cambiato se pensiamo agli attuali discendenti di Giacobbe; tuttavia Dio ama anche tutti gli altri popoli.
Re Salomone, all’apice del suo potere, si rivolse alla nazione pronunciando un importante principio di vita per il paese: «La giustizia innalza una nazione….» (Proverbi 14:34). Questo è vero per tutte le nazioni!
Dio ha benedetto l’America con il dono della libertà e della prosperità materiale superando qualsiasi altro paese nella storia. I primi storici e politici americani avevamo un forte senso dell’etica e della giustizia, grazie al loro legame con la Bibbia. Alcuni presidenti americani come George Washington e Abraham Lincoln erano uomini di profonda integrità e consideravano la Bibbia come Parola di Dio. Lincoln invitò persino il suo popolo a un digiuno nazionale e istituì una giornata dedicata al ringraziamento come festa nazionale. Un autore e viaggiatore francese una volta disse che «l’America è grande perché l’America è buona». Forse anche lui riconosceva il fatto che «la giustizia innalza una nazione».
Tuttavia, lo stesso proverbio salomonico conclude dicendo: «…Ma il peccato è la vergogna dei popoli». In qualche modo molti leader americani hanno dimenticato che cosa significa avere una buona condotta, soprattutto negli ultimi decenni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Gli antenati del popolo americano, se risuscitassero, sarebbero terrorizzati nel vedere la quasi totale mancanza di principi morali. Penserebbero che il loro amato paese e tutte le altre nazioni occidentali abbiano voltato le spalle a Dio. E avrebbero ragione.
Una gran parte del popolo americano sta negando il proprio Creatore e lo sta rimuovendo dalla vita pubblica, come avviene nelle altre nazioni occidentali. L’ora di religione non insegna più la Sacra Bibbia, ma solo una specie di educazione civica. Si sta facendo ogni sforzo per abolire i Dieci Comandamenti dalla sfera pubblica.
Tutto il mondo occidentale ha permesso e tollerato un’eccessiva immoralità sessuale, scorrettezze finanziarie, furti, pornografia, la lista è infinita. Alla fine però i nodi vengono al pettine.

Benedizioni e maledizioni

Che ci crediate o no, le promesse di «maledizioni e benedizioni» che Dio enunciò sull’antica Israele (Levitico 26 e Deuteronomio 28) hanno effetto anche sugli Stati Uniti d’Amercia come su ogni altra nazione della terra del nostro tempo.
Uno dei padri fondatori dell’America, John Adams, ammonì che «ricchezza, grandezza e potere potranno avere lo stesso effetto deleterio sia sulle menti degli americani che sulle menti degli europei». Era un semplice avvertimento in quanto conosceva il disegno della storia.
Le benedizioni, gli obblighi e gli avvertimenti, che chiaramente richiamano la situazione difficile attuale, sono indicati in uno dei primi capitoli di Deuteronomio. Dio, tramite Mosé, si rivolse agli Israeliti poco prima del loro ingresso nella Terra Promessa dove avrebbero goduto delle abbondanti risorse:
«Perché l’Eterno, il tuo DIO, sta per farti entrare in un buon paese, un paese di corsi d’acqua, di fonti e di sorgenti che sgorgano dalle valli e dai monti; un paese di frumento e di orzo, di vigne, di fichi e di melograni, un paese di ulivi da olio e di miele; un paese dove mangerai pane a volontà, dove non ti mancherà nulla; un paese dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame» (Deuteronomio 8:7-9).

Conseguenze

Dio continuò a dare indicazioni e avvertimenti: «Mangerai dunque e ti sazierai, e benedirai l’Eterno, il tuo DIO, a motivo del buon paese che ti ha dato. Guardati bene dal dimenticare l’Eterno giungendo a non osservare i suoi comandamenti, i suoi decreti e i suoi statuti che oggi ti do. Perché non avvenga, dopo aver mangiato a sazietà e aver costruito e abitato belle case… e visto tutti i tuoi beni crescere, che il tuo cuore si innalzi e tu dimentichi l’Eterno… Guardati dunque dal dire nel tuo cuore: La mia forza e la potenza della mia mano mi hanno procurato queste ricchezze» (vers. 10-17).
Dio ha anche detto: «Il mio popolo mi ha dimenticato da giorni innumerevoli» (Geremia 2:32). I risultati tragici si vedono ovunque oggi. Il libro di Levitico, infatti, parla della fine della forza di Israele, la cui fonte principale oggi è l’America; questa possiede ancora quella forza, ma il suo orgoglio e la sua integrità hanno subito forti scosse negli ultimi 50 anni. Un crollo economico degli Stati Uniti d’America porterebbe l’Europa a riprendersi le redini dell’Occidente che, per tenere sottomesse le sue nazioni, potrebbe dar luogo ad una opprimente superdittatura, un’ultima, breve rinascita dell’antico Impero Romano, come predetto in Apocalisse 13:1-10.
Dio è un agente invisibile sul palco della vita terrena. Egli ha già decretato: «Spezzerò l’orgoglio della vostra forza» (Lev. 26:19). Pensiamo forse che il nostro Creatore non sia in grado di farlo? Egli è il «Signore del cielo e della terra» (Matteo 11:25), Dio è onnipotente! La Bibbia testimonia che imperi e regni caddero e cadranno per comando di Dio!
Nella Bibbia è predetto un «tempo di angoscia per Giacobbe» (Geremia 30:7) durante il quale tutti i moderni discendenti di Giacobbe, disseminati in America e in Europa, come nell’attuale Stato d’Israele, affronteranno un nuovo periodo di sofferenze indescrivibili. Ma alla fine essi saranno salvati (Daniele 12:1, Zaccaria 14:1-9).

Esiste una via d’uscita?

E’ troppo tardi per le nostre amate nazioni occidentali? Oppure c’è una via d’uscita? Abbiamo ricevuto moltissimi avvertimenti.
L’autore Samuel Huntington dice quanto segue: «Tutte le società affrontano minacce ricorrenti alla loro esistenza, alle quali finiscono sempre col soccombere. Tuttavia alcune di loro, anche quando particolarmente minacciate, sono in grado di posticipare la loro scomparsa fermando e invertendo i processi di declino e rinnovamento della propria vitalità e identità».
Dio è ancora più incoraggiante! «Se il mio popolo, sul quale è invocato il mio nome, si umilia, prega, cerca la mia faccia e torna indietro dalle sue vie malvagie, io ascolterò dal cielo, perdonerò il suo peccato e guarirò il suo paese» (2 Cronache 7:14).
Il mondo occidentale si trova innanzi a un bivio cruciale. I risultati delle ultime elezioni e la crescente richiesta di ritiro delle truppe dall’Iraq, indicano che la pazienza dei popoli d’America e d’Europa e l’impegno in Iraq stanno per esaurirsi. Stiamo cercando di trovare una via d’uscita senza perdere la faccia.
Barack Obama ora offre la pace, ma come far pace con un nemico camaleontico come il terrorsimo internazionale che di pace proprio non ne vuol sapere? Se gli Stati Uniti non terranno testa a queste minacce, senza contare la pessima capacità delle Nazioni Unite di gestire tali problemi, chi o che cosa sarà in grado di prevenire un’esplosione di dimensione globale?
In tempi come questi dovrebbe essere evidente a tutti che rifiutare il Dio della Bibbia o i Suoi insegnamenti è una scelta folle.
Dio ascolterà sempre quelli che lo cercano sinceramente con tutto il cuore e aiuterà coloro che si affidano a Lui. Isaia 55:6-7 dice: «Cercate l’Eterno mentre lo si può trovare, invocatelo mentre è vicino. Lasci l’empio la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri, e ritorni all’Eterno che avrà compassione di lui, e al nostro DIO che perdona largamente».
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