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Un messaggio di speranza per la perdita di una persona amata

Un messaggio di speranza per la perdita di una persona amata 


Riccardo, un mio caro amico, ha perso il figlio a dicembre dello scorso anno. Anche se io e lui ci eravamo incontrati per la prima volta diversi anni fa, solo durante e dopo i funerali  del figlio abbiamo avuto modo di frequentarci e conoscerci veramente.
Durante l’anno facciamo sempre degli studi biblici e in particolare sui libri profetici, il che mi richiede una preparazione anche di come presentare i temi per mezzo di sistemi audiovisivi, tipo powerpoint, ecc. Utilizzo il computer praticamente ogni giorno, ma spesso mi capita di avere qualche problema con la tecnologia; pertanto ho sempre avuto bisogno dell’aiuto di Riccardo, che è uno dei nostri esperti di informatica. Nei primi mesi sono andato a trovarlo nel suo ufficio molto spesso alla disperata ricerca di assistenza tecnica. Mentre mi aiutava, parlavamo. Da uno scambio  reciproco è nata un’amicizia.

Missione in Africa e in Inghilterra

Abbiamo scoperto di avere molte cose in comune. Proveniamo entrambi da famiglie ciascuna con sei figli maschi e nessuna femmina. Io sono il più grande dei sei figli; lui è il quarto dei fratelli. Ci siamo sposati più o meno nello stesso periodo e Riccardo ha avuto tre figli nati nello stesso ordine dei miei: femmina, maschio, femmina.
Anche sua moglie, Emma, lavorava nell’ufficio della nostra stessa Chiesa, occupandosi della posta. Ho saputo inoltre che avevano appena affrontato un difficile periodo di due anni per sconfiggere il cancro di Emma. Solo in quel momento stavano riemergendo dal quel calvario con una maggiore speranza per il futuro.
Quando Emma si stava rimettendo in forze, li abbiamo invitati a venirci a trovare a casa nostra. Era chiaro che si trattava di una coppia innamorata e fedele. Il loro amore e la loro fedeltà li avevano fortemente aiutati nelle grandi difficoltà e sfide della vita.
Durante le nostre conversazioni, Riccardo mi domandava spesso delle mie esperienze all’estero e delle responsabilità che mi ero assunto in questo momento della mia vita che mi richiedevano di viaggiare molto. Esprimeva un grande interesse per il Ghana e l’Inghilterra, i due paesi che visito con maggiore frequenza, così l’ho invitato a venire con me in uno dei viaggi successivi.
Così siamo partiti insieme per un viaggio di dieci giorni in Ghana seguito da una visita di alcuni giorni anche in Inghilterra. Riccardo si è innamorato del Ghana e della sua gente, tanto ch’egli è stato quivi di grande aiuto a molte persone risolvendo problemi con il computer e aiutandoli in ogni modo possibile.
Dopo il Ghana, abbiamo visitato una congregazione della Chiesa di Dio Unita nell’Inghilterra del nord, la più vicina al luogo dove vivono i miei genitori e i fratelli. Dopo la funzione, siamo andati a trovarli e Riccardo ha apprezzato molto la possibilità di conoscere la mia famiglia.
Siamo rientrati in sede sedici giorni dopo. Il giorno seguente, a detta di uno dei nostri colleghi in ufficio «Riccardo era radioso e entusiasta delle esperienze fatte durante il viaggio». Mi faceva davvero molto piacere. Poi, improvvisamente la tragedia.

Una perdita insopportabile

Neanche un giorno dopo il nostro ritorno alle nostre rispettive case, Riccardo mi chiamò alle due del mattino. Ricordo il momento preciso in cui guardai la sveglia mentre il telefono squillava. Sapevo che a quell’ora della notte dovevano essere cattive notizie. E così fu. Sconvolto mi disse che suo figlio Renato, di 22 anni, era stato portato all’ospedale con ferite estremamente gravi.
Un’ora dopo, quando il telefono squillò di nuovo, sapevo che poteva essere solo la peggiore notizia che un genitore possa sentire. Renato era morto. L’unico figlio maschio di Riccardo ed Emma era morto nelle prime ore di giovedì 16 dicembre senza riacquistare conoscenza.
Per interi giorni fu l’unica cosa a cui riuscivo a pensare. Avevamo passato così tanto tempo a parlare dei nostri figli che sentivo profondamente questa tragica notizia. Ma ciò che stavo sentendo io era nulla in confronto al dolore e alla sofferenza dei miei amici.
La morte di Renato mi portò a modificare l’argomento di un mio sermone due giorni dopo. Volevo condividere con i membri della mia congregazione la «Buona Notizia» concernente la vita eterna che Dio ha promesso ai Suoi fedeli. Non era qualcosa di nuovo per loro, ma quelle parole molto opportune furono un grande incoraggiamento per tutti.
Il libro dell’Ecclesiaste (o di Qoelet) ci dice che «Per ogni cosa c’è una sua stagione, c’è un tempo per ogni situazione sotto il cielo, un tempo per nascere e un tempo per morire…» (cap. 3, versetti 1-2).
Nello stesso libro leggiamo anche che «i morti non sanno proprio nulla» (Ecclesiaste 9:5). Contrariamente alle  credenze popolari, la gente quando muore non va in paradiso o all’inferno o in purgatorio, né ritengono alcuna  consapevolezza. Quando le persone muoiono, sono realmente morte: sono incoscienti e non hanno più la capacità di pensare e ragionare. Ciò non significa però che non c’è alcuna speranza. Al contrario!

La morte sarà sconfitta!

Gesù Cristo ha sconfitto la morte risuscitando a vita eterna. Lo stesso accadrà a tutti coloro che lo imitano facendo la volontà del Padre Eterno (Romani 8:11). Giobbe, molti secoli prima, fece questa riflessione: «Se l’uomo, dopo morto, potesse tornare in vita, aspetterei tutti i giorni della mia fazione, finché giungesse l’ora del mio cambiamento. Mi chiameresti e io risponderei; tu brameresti rivedere l’opera delle tue mani» (Giobbe 14:14-15).
Giobbe sapeva di poter sperare nella risurrezione del suo corpo, ma sapeva anche che si trattava di un evento molto lontano da quel suo tempo. Lo spirito di Giobbe sta infatti ancora dormendo nell’attesa di essere svegliato da Dio nell’ultimo giorno per rivivere in un corpo nuovo e immortale!
Nel Nuovo Testamento, l’apostolo Paolo aspettava con ansia il tempo di cambiamento quando alcuni avrebbero ricevuto la vita eterna. «Perché il Signore stesso con un potente comando, con voce di arcangelo e con la tromba di Dio discenderà dal cielo, e quelli che sono morti in Cristo risusciteranno i primi; poi, noi viventi che saremo rimasti, saremo rapiti assieme a loro sulle nuvole, per incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore. Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole» (I Tessalonicesi 4:16-18).
Notate che «quelli che sono morti in Cristo risusciteranno per primi». Questi sono coloro che nella storia lo hanno fedelmente servito nella vita e ora il loro spirito dorme nella loro tomba, «nella polvere della terra» (Daniele 12:2). Subito dopo di loro saranno risuscitati i seguaci di Cristo vivi al momento del suo ritorno. La salvezza è possibile soltanto attraverso Gesù Cristo… Poiché non c’è alcun altro nome sotto il cielo che sia dato agli uomini, per mezzo del quale dobbiamo essere salvati» (Atti degli Apostoli 4:12).
Con la sua risurrezione Gesù Cristo è stato il primo – e fino ad ora l’unico – ad aver sconfitto la morte. Scrivendo ai primi Cristiani in Corinto, l’apostolo Paolo ricorda loro proprio questo fatto. «Perché come tutti muoiono in Adamo, così tutti saranno vivificati in Cristo, ma ciascuno nel proprio ordine: Cristo la primizia, poi coloro che sono di Cristo alla sua seconda venuta» (I Corinzi 15:22-23).
Così come Gesù Cristo fu risuscitato dai morti, anche i suoi fedeli seguaci possono sperare nella futura risurrezione ed essere con lui per l’eternità. Questa è la promessa di Gesù: «Il vostro cuore non sia turbato; credete in Dio e credete anche in me. Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore; se no ve lo avrei detto; io vado a prepararvi un posto. E quando sarò andato e vi avrò preparato il posto, ritornerò e vi accoglierò presso di me, affinché dove io sono siate anche voi» (Giovanni 14:1-3).
Paolo scrisse le seguenti parole ai primi Cristiani in Roma: «…E se lo spirito di colui che ha resuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che resuscitò Cristo dai morti vivificherà anche i vostri corpi mortali mediante il suo Spirito che abita in voi… Poiché tutti quelli che sono condotti dallo spirito di Dio, sono figli di Dio» (Romani 8:11, 14).
L’apostolo Paolo ricordava ai Corinzi che «la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio; similmente la corruzione non erediterà l’incorruttibilità». Spiegava, inoltre, che «tutti saremo mutati in un momento, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba [quando Cristo ritornerà]. La tromba infatti suonerà, i morti risusciteranno incorruttibili e noi saremo mutati…»
«…Poiché bisogna che questo nostro essere corruttibile rivesta l’incorruttibilità e questo mortale rivesta l’immortalità. Così quando questo corruttibile avrà rivestito l’incorruttibilità e questo mortale avrà rivestito l’immortalità, allora sarà adempiuta la parola che fu scritta: La morte è stata inghiottita nella vittoria!» (I Corinzi 15:50-54).

E i non cristiani?

Abbiamo già visto che la salvezza è possibile soltanto attraverso Gesù Cristo. Ma questo significa che coloro che non sono cristiani non avranno mai alcuna possibilità di salvezza? Tutti quelli che sono cresciuti in regioni del mondo e quindi non hanno mai  riconosciuto Gesù Cristo, perderanno la possibilità di ereditare la vita eterna senza averne colpa ?
L’apostolo Pietro scrisse che Dio «non vuole che alcuno perisca, ma che tutti vengano a ravvedimento» (II Pietro 3:9). Il ravvedimento e il battesimo sono i prerequisiti per la vita eterna (Atti degli Apostoli 2:38).
Abbiamo già visto che la vita eterna viene data soltanto a coloro che appartengono a Cristo al momento del Suo futuro ritorno glorioso sulla Terra. In che modo quindi Dio darà l’opportunità di ricevere la salvezza  anche a tutti coloro che non hanno mai conosciuto Gesù Cristo? E che ne sarà di coloro cresciuti nel mondo crsitiano ma che, in rraltà, non hanno vissuto sufficientemente a lungo per conoscere la verità, pentirsi e ricevere in dono lo Spirito Santo di Dio?
È confortante sapere che Dio pensa a tutti. Nel suo piano per l’umanità, tutti avranno una possibilità di conoscere la via che conduce alla vita eterna. Nel 20mo capitolo del libro dell’Apocalisse è descritta sia la risurrezione dei credenti in Gesù Cristo sia la risurrezione di tutti i miscredenti o di coloro hanno involontariamente una visione errata del Cristianesimo. I credenti saranno risuscitati all’inizio del cosiddetto «Giorno del Signore»; tutti gli altri saranno risuscitati alla fine di quello stesso giorno profetico, che nella storia dell’umanità avrà la durata di «mille anni».
«Poi vidi dei troni e a quelli che vi sedettero fu dato la potestà di giudicare… costoro tornarono in vita e regnarono con Cristo per mille anni. Ma il resto dei morti non tornò in vita finché furono compiuti i mille anni. Questa [cioè la resurrezione che avverrà all’inizio dei mille anni] è la prima risurrezione» (Apo 20:4-5).
Qui vediamo alcune parole molto profonde. Esse ci rivelano che: (1°) «quelli che sono di Cristo riceveranno la vita eterna al suo ritorno sulla Terra; (2°) che questa sarà la prima resurrezione e (3°) che il resto dei morti tornerà in vita solo alla fine dei mille anni». I resto dei morti include quelli che sono stati spiritualmente ingannati e i miscredenti.
Il vangelo di Gesù Cristo e le Scritture dei suoi Santi Apostoli rivelano chiaramente che, in futuro, avverranno almeno due risurrezioni. Quasi tutte le religioni del mondo,  incluso gran parte del mondo che si professa cristiano, hanno sottovalutato questa semplice verità nella fretta di abbracciare ciecamente la falsa teoria dell’immortalità dell’anima.
La verità è questa: «Beato e santo è colui che ha parte alla prima resurrezione. Su di loro non ha potestà la seconda morte, ma essi saranno sacerdoti di Dio e di Cristo e regneranno con lui per mille anni» (v. 6).
Occorre fare un distinguo. Quelli della prima resurrezione, al ritorno di Gesù Cristo, all’inizio del millennio, risusciteranno a vita eterna immediatamente. Ma quelli che saranno risuscitati alla fine dei mille anni, i miscredenti e gli ingannati, non riceveranno l’immortalità subito. Perché?
La risposta è perché non sono pronti. Ricordate, la vita eterna è possibile solo attraverso Gesù Cristo, che ha pagato lo scotto per i peccati del genere umano di tutti i tempi. Questo significa che, prima di poter ricevere la vita eterna, quelli dovranno ravvedersi dei loro peccati. Solo allora il loro battesimo sarà valido; soltanto allora riceveranno anch’essi il dono dello Spirito Santo di Dio e il «cambiamento», da esseri mortali a figli di Dio per l’eternità (Atti degli Apostoli 2:38; Romani 8:11, 14).
I miscredenti e gli ingannati di tutte le generazioni passate saranno risuscitati all’inizio fisicamente, a vita mortale, perché abbiano prima la possibilità di conoscere il vero Dio e i comandamenti di Dio, e di essere allora giudicati, se degni di vita eterna o se nuovamente degni di morte. Quelli che rifiuteranno di ravvedersi e disprezzeranno la via di Dio subiranno allora la «morte seconda», che è una morte eterna (Apo. 21:8).
In Ezechiele 37 leggiamo della risurrezione fisica e dell’opportunità di salvezza che, alla fine dei mille anni, Dio darà a tutti i miscredenti e agli ingannati di tutte le generazioni passate. «Ossa secche…», Dio promette, «IO metterò su di voi la carne, vi coprirò di pelle [e di muscoli] e metterò in voi lo spirito, e vivrete. Allora riconoscerete che l’ETERNO SONO IO». In questo modo essi avranno l’opportunità di riconoscere il vero Dio, di ravvedersi, di farsi battezzare di vero battesimo, di ricevere lo Spirito Santo di Dio e di vivere la via che conduce alla vita eterna (Ezechiele 27:2,6, 14).
Queste parole sono un incoraggiamento per tutti coloro che hanno perduto persone care, così come lo sono state per Riccardo ed Emma durante il periodo della loro grande perdita. La forte fede religiosa li ha visti affrontare altre prove e permetterà loro di superare anche questa.
Durante la funzione commemorativa e la sepoltura di Renato, furono presenti più di duecento persone; non avevo mai visto tanta gente partecipare ad una funzione commemorativa. Aver toccato la vita di così tante persone può definirsi un risultato per un giovane di 22 anni. Durante la funzione abbiamo saputo che Renato aveva scritto e pubblicato diverse storie brevi ed articoli, una breve sceneggiatura per un film. Chi può sapere cosa avrebbe fatto se solo avesse continuato a vivere? E’ stato profondamente commovente vedere il supporto e l’incoraggiamento di così tanti amici che condividevano il dolore della famiglia.
Renato è stato sepolto insieme al nonno e alla nonna. Dopo la funzione mia moglie ed io siamo stati invitati a mangiare con la famiglia prima di ritornare a casa. Erano presenti entrambi le parti della famiglia e una cosa mi fu assolutamente chiara: Riccardo ed Emma avevano entrambi il supporto forte ed amorevole di una famiglia molto unita, stabile e solida. Sicuramente era una dimostrazione vivente dell’amore ch’essi avevano sempre avuto gli uni gli altri.
La loro armonia mi riportò alla mente le parole di Gesù Cristo quando un dottore della legge gli pose la domanda: «Qual è il più grande comandamento della legge?» La risposta di Gesù fu: «‘Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima tua e con tutta la tua mente’. Questo è il primo e gran comandamento. E il secondo, simile a questo, è: ‘Ama il tuo prossimo come te stesso’». Da questi due comandamenti dipendono la legge e i profeti» (Matteo 22:36-40).
In questi pochi versetti, Gesù ha rivelato quelle che dovrebbero essere le priorità della vita. Prima di tutto, dovremmo amare Dio, il che sottolinea la necessità di una stretta relazione personale con il nostro Padre celeste. Dovremmo di conseguenza amare anche il prossimo, la famiglia e gli amici. Solo in questo modo possiamo raggiungere la serenità nella vita terrena e la felicità nella vita eterna.
Vivere i due grandi comandamenti è anche la chiave per affrontare e superare le avversità durante i periodi difficili che inaspettatamente capitano nella vita.
Tutti subiamo delle perdite. Per la maggior parte della gente si tratta dei nonni, dei genitori, degli zii, di fratelli più grandi, di amici e vicini. Per alcuni, come Riccardo ed Emma, si tratta della perdita di un figlio, una perdita che è molto più difficile da sopportare. In quel momento, soltanto la fede in Dio e il supporto amorevole della famiglia e degli amici possono alleviare l’immenso dolore.
Come ha scritto l’apostolo Paolo in I Tessalonicesi 4:18, «Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole».
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