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Che cosa c’è dietro la debolezza del dollaro americano?

Non è un caso se ogni mattina accendendo la radio o la televisione americana per ascoltare le prime notizie della giornata non vengano dati approfondimenti in merito alla caduta del dollaro; mentre la maggior parte dei loro programmi radiofonici e televisivi dedicano grande spazio al gossip su attori e attrici e all’ascolto delle canzonette più in voga.
Solo grazie a qualche autorevole quotidiano finanziario, è possibile aggiornarsi in America sull’attuale crisi finanziaria internazionale, aggravata dalla difficoltà di milioni di americani a pagare il mutuo della casa e dalla conseguente svalutazione del dollaro, attualmente la principale moneta di cambio internazionale.
L’attuale situazione finanziaria mondiale mi riporta indietro di 40 anni, quando lavoravo per una banca britannica. Il terzo sabato del mese, i programmi televisivi si interrompevano per comunicare alla nazione l’indebolimento della moneta inglese, la sterlina. Similmente, negli ultimi diciotto mesi il dollaro statunitense ha subito una svalutazione media del 16 percento.
Quaranta anni fa, le monete di tutto il mondo avevano un valore fisso che subiva un’oscillazione di soli pochi centesimi. Con la svalutazione della sterlina inglese, le oscillazioni hanno iniziato a verificarsi quotidianamente, perfino ogni secondo! Quegli eventi sembrano ripetersi ancora oggi nei titoli dei notiziari di tutto il mondo. Per capire esattamente la situazione attuale relativamente alla crisi finanziaria internazionale, è perciò necessario fare un passo indietro nel tempo.

Una lezione dalla storia

Circa un secolo fa, la sterlina inglese era la moneta commerciale (o di riserva) internazionale. La valuta di riserva deve essere stabile, in modo che gli altri paesi possano fare affidamento su di essa negli affari e nelle normali o eccezionali azioni di mercato.
Prima della Prima Guerra Mondiale, se la Cina, per esempio, voleva acquistare beni dalla Francia o dalla Germania, il pagamento era effettuato in sterline e non nella moneta nazionale degli altri due paesi coinvolti nella compra-vendita. Si faceva riferimento solo al valore della sterlina affinché restasse inalterato dal momento dell’acquisto di un bene fino alla ricezione del pagamento.
Il fatto che la sterlina fosse nel gold standard aiutava sicuramente la situazione internazionale: le sterline potevano essere scambiate con l’oro, una circostanza garantita dalla Banca d’Inghilterra. La Gran Bretagna aveva oro sufficiente per “spalleggiare” la moneta, indipendentemente da quante persone desiderassero convertire la ‘carta’ in metallo prezioso.
All’epoca della Grande Depressione la Gran Bretagna dovette togliere la propria moneta dal gold standard. La sterlina continuò ad essere la principale moneta, ma fortemente indebolita. Fu allora che il dollaro iniziò ad essere utilizzato nel commercio internazionale.
La Gran Bretagna uscì dalla Seconda Guerra Mondiale molto impoverita. Tuttavia, anche dopo la guerra, tutte le ex colonie inglesi continuarono ad utilizzare la sterlina nel commercio, il che significa che circa un quarto delle nazioni mondiali intrattenevano attività commerciali fra di loro e con la Gran Bretagna la quale ne trasse un vantaggio significativo in quanto diverse nazioni riuscirono a conservare riserve finanziarie a Londra.
Nel 1967, la Gran Bretagna continuava a manifestare gravi difficoltà finanziarie. La produzione era in declino. Per rilanciare il settore manufatturiero, il governo laburista decise di svalutare la moneta abbassando e rendendo più competitivi i prezzi delle esportazioni. Chi prese questa decisione non riuscì a prevedere la ‘fine’ della sterlina e dell’area in cui era utilizzata come moneta commerciale internazionale.

La svalutazione del dollaro

Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, il dollaro americano è stata la principale moneta commerciale al mondo. Quando il Ghana, nell’Africa occidentale, acquista petrolio dalla vicina Nigeria, il prezzo è quotato in dollari americani e il pagamento è effettuato nella moneta statunitense, non in quella ganese o nigeriana.
Nessuna di queste due monete può essere utilizzata nel commercio internazionale. Sono definite monete deboli ovvero non possono essere cambiate a un qualsiasi sportello bancario di nessun istituto bancario al mondo. Questo è ciò che accade alla maggior parte delle monete nazionali, sono monete deboli e non vengono accettate fuori dai confini nazionali.
Soltanto poche monete sono invece note come monete forti, ovvero possono essere cambiate quasi ovunque in tutto il mondo. Fra queste monete ci sono il dollaro americano, l’euro, la sterlina inglese, il dollaro canadese e australiano e lo yen giapponese, perché mantengono inalterato il valore ed è possibile fare affidamento su di loro.
Oltre ad essere una moneta forte, il dollaro americano è la valuta mondiale di riserva. Molte materie prime, compreso il petrolio, sono quotate in dollari americani e questo rappresenta decisamente un vantaggio per l’America. La situazione sta però cambiando e in pochi sono consapevoli delle conseguenze.
Durante un vertice dei paesi OPEC in Arabia Saudita, alcuni esponenti hanno suggerito di quotare il petrolio in euro. Quando Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, ha affermato che «l’Opec dovrebbe vendere il petrolio in una moneta più forte», ha riassunto lo scontento di molti altri paesi membri dell’Opec nonché di Iran e Venezuela. «Se continuiamo a commerciare il petrolio in una moneta debole come il dollaro… dovremo venderne molto di più per riuscire ad acquistare la stessa quantità di merce e servizi» (Financial Times, 19 nov. 2007). Solo l’intervento della delegazione saudita ha evitato che ciò accadesse effettivamente.
Se il petrolio fosse quotato in euro, costerebbe molto di più agli americani. Inoltre, se il dollaro diventasse una moneta debole a causa della sua inaffidabilità, gli Stati Uniti dovrebbero pagare in euro, il che significa vendere merce a sufficienza all’Europa per riuscire ad acquistare petrolio dal Medio Oriente.
Gli americani hanno beneficiato a lungo del basso costo del petrolio in parte proprio perché questo ‘liquido prezioso’ era quotato in dollari. Altri paesi hanno notato oscillazioni significative e mancanza di forniture in quanto non solo dovevano confrontarsi con gli aumenti di prezzo in dollari, ma anche e soprattutto con la reperibilità del conio americano.
E’ possibile che gli Stati Uniti debbano affrontare lo stesso confronto con l’euro. Da dove arriverebbero gli euro? Soprattutto in questo periodo in cui gli Stati Uniti sono l’unico fra i più grandi paesi al mondo in cui il turismo ha subito un calo significativo nonostante la gente continui a viaggiare. Sappiamo quanto sono fastidiose le procedure d’imbarco in tutti gli aeroporti, specie quelli americani.

Qual è la vera causa?

La causa alla radice del problema si può riassumere in un’unica parola: debito. Gli americani hanno speso più del necessario per decenni, a livello governativo e personale. Più recentemente, il debito accumulato è stato finanziato da altri paesi.
Questo è stato possibile solo perché il dollaro è stato per diversi anni la moneta commerciale mondiale. La situazione è cambiata. Recentemente, si è diffusa la consapevolezza che il dollaro statunitense sta perdendo valore. Di conseguenza, i paesi vogliono liberarsi dei dollari americani e lo vogliono fare in modo lento per evitare di creare una condizione di panico che svaluterebbe la moneta in modo rapido e improvviso.
Questo è ciò che sta facendo la Cina che, tra le altre cose, possiede miliardi di dollari del debito americano. Il debito americano è proprio la causa principale della crisi mondiale attuale. La crisi dei mutui subprime è stato il fattore scatenante, la prova che troppi americani erano sopraffatti dai debiti.
Le banche hanno giocato un ruolo importante concedendo facilmente carte di credito e prestiti personali, dando così la possibilità a milioni di persone di vivere al di sopra delle proprie possibilità, acquistando tutto ciò che desideravano senza preoccuparsi di poter effettivamente permetterselo.
Di fronte all’elevato numero di clienti pronti a dichiarare bancarotta per salvarsi dal debito accumulato con l’uso delle carte di credito, le banche hanno lanciato una campagna affinché il congresso americano cambiasse la legge in modo che per i clienti americani fosse più difficile sottrarsi al pagamento dei propri debiti. Questa situazione, oltre all’inarrestabile aumento dei mutui a tasso variabile, si è ritorta contro le banche, finalmente consapevoli della difficoltà di molti clienti a pagare i conti delle carte di credito e il mutuo della casa finendo così inevitabilmente in una causa di pignoramento.
La maggior parte degli americani è beatamente inconsapevole del declino del dollaro o delle possibili conseguenze a livello personale. Gli Stati Uniti non sono l’unico paese impegnato a gestire questo problema; la Gran Bretagna, l’Australia e diversi paesi dell’UE sono fra quei paesi che registrano un altissimo debito. E’ probabile che nell’imminente futuro questi paesi dovranno far fronte ad altre tempeste finanziarie.
Si tratta di un vero grattacapo per la Riserva Federale americana. Sarà interessante vedere se la Riserva Federale tenterà di salvare il dollaro e mantenere il suo ruolo di valuta di riserva mondiale o se questo ruolo finirà con l’essere assunto dall’euro.
Le profezie bibliche annunciano il declino degli Stati Uniti d’America e l’ascesa di una nuova superpotenza poco prima del ritorno di Gesù Cristo. La Buona Notizia continuerà a spiegare gli eventi internazionali alla luce della parola profetica di Dio. Non mancare di leggerla.
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