registrati
accedi

Pasqua di Gesù Cristo e festa dei Pani Azzimi

Ecco come , quando e perché…

Cari Fratelli e Amici in Cristo, speriamo che leggiate questo articolo in tempo per la commemorazione della santa Pasqua di nostro Signore Gesù Cristo e della Festa dei Pani Azzimi, alla cui partecipazione siete fin da ora invitati.

Forniamo le date e gli orari per queste due solennità nell’anno 2012:

 

Pasqua di Gesù Cristo: 6 aprile ossia il 5 aprile, corrisponente al 14esimo giorno del primo mese (Abib) dell’anno biblico. (Nota: Commemoreremo la Pasqua la sera del 5 aprile, perché secondo la Bibbia tutti i cicli di 24 ore iniziano all’imbrunire del giorno prima.)
Serata memorabile di Azzimi: la sera del 6 aprile.
Primo giorno della Festa degli Azzimi: 7 aprile.
Ultimo giorno della Festa degli Azzimi: 13 aprile.

Poiché tutti i giorni biblici iniziano «dalla sera» del giorno prima «alla sera seguente» (Levitico 23:32), la Pasqua di Gesù Cristo si commemora all’inizio del 14esimo giorno del mese di Abib, il primo mese dell’anno biblico. La Festa [degli Azzimi] si celebra invece a cominciare dal 15esimo giorno di quello stesso mese (Esodo 12:18-20, Levitico 23:5-6, Luca 7).
Chi volesse osservare queste sacre solennità assieme al popolo di Dio sarà benvenuto ed è incoraggiato a richiedere maggiori informazioni sui luoghi delle nostre sante adunanze (vedi il nostro indirizzo e contatti alla fine di questa Epistola.)
Passiamo senza indugio a rinnovare l’importanza delle solennità bibliche comandate da Dio.

Come molti di voi già sapete, la Pasqua è una solenne commemorazione annuale della nostra liberazione dalla schiavitù del peccato mediante il supremo sacrificio di nostro Signore Gesù Cristo. Anche quest’anno, quindi, siamo convocati in santa adunanza, sia per eseguire gli uni gli altri la lavanda dei piedi, sia per metabolizzare i simboli del corpo e del sangue di Gesù Cristo (Giovanni 6:33-53).
Quest’anno la commemorazione della Pasqua cade la sera del 5 aprile. Poi, la sera del 6 aprile, osserveremo la codiddetta «notte da celebrarsi» (Esodo 12:40-42), che costituisce l’inizio del primo dei sette giorni della Festa dei Pani Azzimi, durante i quali il lievito dovrà essere bandito dalle nostre dimore e dalle nostre pietanze, in ricordanza del fatto che dobbiamo tenere il peccato fuori e lontano dalla nostra mente per tutta la vita.

La differenza tra «Pasqua» è «Festa della Pasqua»

La Pasqua di per sé non una festa, ma è la commemorazione del sommo sacrificio di Gesù Cristo. La Pasqua è però seguita a ruota dalla cosidetta «Festa dei Pani Azzimi», che è pure chiamata «festa della Pasqua» perché celebra il risultato del sacrificio pasquale.
Anticamente, infatti, durante la Festa degli Azzimi, il lievito simboleggiava la liberazione d’Israele dalla schiavitù fisica, dopo che i figli d’israele avevano aveva osservato la Pasqua, accettando di cospargere il sangue di un agnello senza difetto sugli stipiti delle loro porte di casa. La «settimana dei Pani Azzimi» fu chiamata anche «festa della Pasqua», a seguito della liberazione che Iddio aveva operato nel Suo popolo mediante il sacrificio di sangue. Al sacrificio e grido di dolore della Pasqua, segue la festa di liberazione.
Oggi la festa dei pani azzimi simboleggia la nostra liberazione spirituale dalla schiavitù del peccato, grazie al supremo sacrificio di Gesù Cristo, l’Agnello perfetto di Dio, il cui sangue spargiamo sulla porta del nostro cuore e della nostra mente mediante la fede nel Suo prezioso sangue. La festa dei Pani Azzimi (cibo senza lievito) è quindi comandata per sensibilizzarci ogni anno nel nostro impegno personale a tenere il peccato fuori e lontano dalla nostra mente e dal nostro corpo per tutti i giorni della nostra vita.
Gesù Cristo ha pagato la pena di morte al posto nostro per graziarci a seguito del nostro ravvedimento e per riconciliarci con Dio Padre.
«Purificatevi del vecchio lievito, per essere una nuova pasta, come già siete senza lievito. Poiché anche la nostra Pasqua, cioè Cristo, è stata immolata. Celebriamo dunque la festa [degli Azzimi,] non con vecchio lievito, né con lievito di malizia e di malvagità, ma con gli azzimi della sincerità e della verità» (1Corinzi 5:7-8).

Accogli l’invito del Signore

La Pasqua è simile all’invito alle nozze di nostro Signore Gesù Cristo. I fratelli che abitano vicino alle nostre congregazioni sono chiamati a partecipare personalmente alla santa Pasqua, alla «notte da celebrarsi», nonché nel primo e nell’ultimo giorno della Festa dei Pani Azzimi.
I fratelli che abitano troppo lontano dalle nostre congregazioni possono celebrare la santa Pasqua e la Festa dei Pani Azzimi a casa propria o con dei fratelli vicini, seguendo le istruzioni che vi abbiamo inviato in passato. Chi non le avesse ricevute può farne richiesta (Vedi nostri contatti in ultima pagina.) Naturalmente, quelli che abitano molto lontano e volessero ugualmente raggiungerci e partecipare alle solennità di Dio, sono incoraggiati a farlo e a chiederci indicazioni di alberghi o pensioni non costose ma decorose.
La Pasqua è la parte iniziale – la più vitale – del Piano di Dio rappresentato dalle Sue feste annuali. La Pasqua serve a farci ricordare che tutti noi abbiamo un Salvatore vivente, il quale versò il Suo sangue e morì per ognuno di noi affinché i nostri peccati potessero essere cancellati. Senza l’accettazione del sacrificio di Cristo, noi siamo meno di niente. Ma a seguito del nostro ravvedimento e perdono di Dio, noi possiamo cominciare a vivere come una nuova creazione di Dio, creature rigenerate dallo Spirito Santo di Dio, proprio come «figli di Dio», eredi di vita eterna nel Suo Regno.
Perché i giorni dei Pani Azzimi sono giorni di festa? Perché il supremo sacrificio di Gesù Cristo ci ha riscattati da una morte che altrimenti sarebbe eterna. Essendo risuscitato da morte Egli è oggi il vivente Figlio di Dio alla destra di Dio Padre, potente da risuscitare anche noi dalla morte, se riceviamo il Suo stesso Spirito. Dopo essersi addossato i peccati del mondo, Egli è stato risuscitato da morte con un corpo incorruttibile, glorioso e purissimo, senza “lievito”, cioè senza peccato, come Dio vuole che diventi la nostra vita.

Il peccato, si insinua come il lievito

Il giorno di Pasqua è sempre seguito immediatamente dai sette giorni della Festa dei Pani Azzimi. Questa festa insegna che il “lievito” spirituale, il peccato, tende sempre ad infiltrarsi nella nostra vita, ma noi dobbiamo allontanarlo il più possibile. Così facendo ci inoltriamo nel nuovo anno sacro, rigenerati nella volontà di respingere costantemente l’influenza del maligno e di accogliere invece Dio nel nostro cuore. E’ un tempo di rinnovato impegno ed entusiasmo nei confronti di Dio e dell’unica vera via che conduce alla vita eterna.
Chi di noi non ha attraversato dei momenti difficili negli ultimi dodici mesi? Alcuni possono aver attraversato periodi di scoraggiamento. Tragicamente, altri – come vediamo nel loro pubblico peccato – si sono fatti distrarre dalle tentazioni e dalle proprie concupiscenze carnali, pur continuando a ritenersi “cristiani”. Altri ancora hanno dimenticato, o hanno fatto affievolire la comprensione della gloria divina che Dio aveva loro offerto e sta offrendo a chiunque segue la via del Suo Figlio Gesù Cristo. Chi può affermare di non aver bisogno di essere salvato mediante il sangue di Gesù Cristo? Chiunque pensa di non aver bisogno d’essere salvato, è il più povero e più misero del mondo!

Pasqua di Riconcilazione per abbattere il «muro di separazione»

Un altro scopo principale della Pasqua è promuovere la nostra «riconciliazione» con Dio Padre e con il nostro prossimo. Ma anche la riconciliazione tra i popoli Gentili (quelli che una volta erano stati pagani e idolatri) e i figli d’Israele. La non piena riconciliazione tra i Gentili e i figli d’Israele è la causa principale di genocidi e di conflitti che rischiano di provocare la tanto temuta fine del mondo.
In Efesini 2:10-18, l’apostolo Paolo fu ispirato a scrivere che Gesù Cristo si è sacrificato per riconciliare i pagani a Dio e alla Sua Chiesa, l’Israele spirituale:
«Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo. Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani per nascita, chiamati incirconcisi da quelli che si dicono circoncisi perché tali sono nella carne per mano di uomo, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio in questo mondo.
Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia.
Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito.»
Per prima cosa devi notare che il sacrificio di Cristo è inteso ad avvicinare i pagani alla «cittadinanza e ai patti della promessa» che Dio ha fatto ad Israele e non viceversa. Questa importante verità è scritta in Atti 15:14-18:
«Fratelli, ascoltatemi: Simon [Pietro] ha riferito come Dio all’inizio ha voluto scegliersi tra gli stranieri un popolo consacrato al suo nome. E con ciò si accordano le parole dei profeti, come sta scritto:
“Dopo queste cose ritornerò e ricostruirò la tenda di Davide, che è caduta; e restaurerò le sue rovine, e la rimetterò in piedi, affinché il rimanente degli uomini e tutte le nazioni, su cui è invocato il mio nome, cerchino il Signore, dice il Signore che fa queste cose, a lui note fin dall’eternità”».
La suddetta Scrittura prova che Dio non vuole affatto che continui a sussistere il muro di separazione tra il rimanente dei «figli d’Israele» e i Gentili di «tutte le nazioni».
Tristemente, per molti il «muro di separazione» esiste ancora. Gran parte dei figli d’Israele tutt’ora promuove soltanto obbedienza alla legge di Dio, senza alcuna fede nel sacrificio espiatorio di Gesù Cristo.
D’altro canto, gran parte di coloro che professano il cristianesimo promuove soltanto una fede in Cristo, senza però alcuna obbedianza alle leggi di Dio e quindi senza alcun vero ravvedimento dei propri peccati.

Il «muro di separazione» fra Dio e i trasgressori

Alcuni presunti “illuminati” si autogiustificano insegnando che la legge è solo per Israele, come se Gesù Cristo avesse promosso la continuazione di due diverse fedi e la divisione spirituale dei popoli. Questa idea è del tutto errata, perché entrambi, la legge e la fede, sono un dono, un atto di grazia di Dio. La grazia non è solo «perdono» in vista del ravvedimento; la legge è un «dono» immeritato, troppo spesso disprezzato. Per questo motivo siamo chiamati a ravvedimento. Che squallore la vita umana senza legge e senza fede!
Dopo la morte di Giovanni il Battista, Gesù cominciò a predicare il Suo Evangelo dicendo:
«Ravvedetevi, perché il Regno dei cieli è vicino» (Matteo 4:17).
L’apostolo Pietro predicò lo stesso Evangelo di Gesù ai suoi connazionali, dicendo loro:
«Ravvedetevi, e ciascuno di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la cancellazione dei vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo» (Atti 2:38).
Dopo la Sua risurrezione, Gesù Cristo ordinò che il Suo Evangelo fosse predicato anche ai popoli Gentili:
«E Gesù, avvicinatosi, parlò loro, dicendo: «Ogni potere mi è stato dato in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dell’età presente» (Matteo 28:18-20).
Quando gli altri apostoli appresero da Pietro che alcuni Gentili avevano anch’essi ricevuto la parola di Dio, il battesimo e lo Spirito Santo…
«Essi… glorificarono Iddio, dicendo: “Iddio dunque ha dato il ravvedimento anche ai Gentili affinché abbiano la vita”» (Atti 11:1, 18).
E’ scritto «che il Cristo avrebbe sofferto e sarebbe risorto dai morti il terzo giorno, e che nel suo nome si sarebbe predicato il ravvedimento per il perdono dei peccati a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme. Ora voi siete testimoni di queste cose…» (Luca 24:47-48).
Spiegando la sua missione al re Agrippa, l’apostolo Paolo affermò di aver predicato la necessità del «ravvedimento» sia ai suoi connazionali in Damasco e in Giudea sia ai pagani:
«…ai gentili, ho annunziato di ravvedersi e di convertirsi a Dio, facendo opere degne di ravvedimento» (Atti 26:20).
Notare e tenere in mente che il requisito prioritario richiesto alla fede nell’Evangelo di Gesù è «RAVVEDETEVI»! Non una fede senza ravvedimento. Questo vale per tutti, Ebrei e popoli Gentili chiamati alla conversione in Dio.
«Non c’è né Giudeo né Greco, non c’è né schiavo né libero, non c’è né maschio né femmina, perché tutti siete uno in Cristo Gesù.
Ora, se siete di Cristo, siete dunque progenie d’Abrahamo ed eredi secondo la promessa» (Galati 3:28-29). Diventiamo eredi della promessa di Dio soltanto quando viviamo il vero ravvedimento.
L’Evangelo predicato ai pagani era lo stesso Evangelo predicato ai figli d’Israele: tutti erano – e siamo – chiamati a rendere verace la nostra fede in Cristo mediante il nostro «ravvedimento».

Ravvederci di che cosa?

Iddio chiede ai figli d’Israele di ravvedersi di aver trasgredito le Sue sante leggi e di non aver creduto nel sacrificio espiatorio di Gesù Cristo.
Ai popoli Gentili Iddio chiede di ravvedersi del fatto di aver vissuto in passato nell’idolatria, ignorando cioè il vero Dio Creatore, i Suoi profeti e la Sua santa legge, e disprezzando anch’essi il valore del «sacrificio propiziatorio» di Gesù Cristo.
«…infatti non c’è distinzione: tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù» (Romani 3:22-23).
Dio ha prestabilito Gesù «come sacrificio propiziatorio mediante la fede nel suo sangue, per dimostrare la sua giustizia, avendo usato tolleranza verso i peccati commessi in passato» (Versetti 24-25).
E’ di vitale imporanza notare e tenere in mente che la tolleranza di Dio è nei confronti dei nostri peccati commessi in passato, e non verso i peccati futuri.
«Infatti, se persistiamo nel peccare volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati; ma una terribile attesa del giudizio e l’ardore di un fuoco che divorerà i ribelli. Chi trasgredisce la legge di Mosè viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni. Di quale peggior castigo, a vostro parere, sarà giudicato degno colui che avrà calpestato il Figlio di Dio e avrà considerato profano il sangue del patto con il quale è stato santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia?» (Ebrei 10:26-29).
In altre parole, se pecchiamo involontariamente, il sangue di Cristo paga al posto nostro e ci giustifica davanti alla legge. Ma se persistiamo nel peccare volontariamente, siamo condannati.

Che cos’è il peccato?

L’apostolo Giovanni fu divinamente ispirato a descrivere che cos’è realmente il peccato:
«Chiunque commette il peccato trasgredisce la legge: il peccato è la violazione della legge. Ma voi sapete che egli [Gesù Cristo] è stato manifestato per togliere i peccati; e in lui non c’è peccato. Chiunque rimane in lui non persiste nel peccare; chiunque persiste nel peccare non l’ha visto, né conosciuto» (1Giovanni 3:4-6).
«Chi osserva i Suoi comandamenti dimora in Lui, ed egli in esso. E da questo conosciamo ch’Egli dimora in noi: dallo Spirito ch’Egli ci ha dato» (v. 24).
Siamo quindi chiamati a ravvederci di aver disconosciuto e trasgredito la legge di Dio, e ignorato il valore e lo scopo del sommo sacrificio di Gesù Cristo, anche se l’abbiamo fatto inconsapevolmente. Una fede, per quanto genuina, non può condurre alla salvezza se il credente non vive prima il ravvedimento dei propri peccati.
Per questa ragione l’Evangelo di Cristo richiede il «ravvedimento» anche a noi Gentili, che un tempo eravamo senza Cristo, «esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio in questo mondo» (Efesini 2:12).
«Egli [Cristo] infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti…» (vv. 14-15).
Purtroppo, leggendo la summenzionata Scrittura molti concludono erroneamente che Gesù, mediante il Suo sacrificio, abbia distrutto o abolito i dieci comandamenti ovvero la legge spirituale del Padre Eterno. Nulla potrebbe essere di più errato.

Cristo non ha abolito i comandamenti .. ha solo cambiato le leggi sacerdotali

La legge, quella fatta di «prescrizioni e di decreti» di cui parlava Paolo era semplicemente la legge carnale e ritualistica che regolava la vita degli Israeliti attraverso il «sacerdozio levitico» (Ebrei 7:16):
Quella legge era «una prefigura per il tempo attuale, confomemente alla quale si offrono doni e sacrifici di animali che non possono, quanto alla coscienza, render perfetto colui che offre il culto, poiché si tratta solo di cibi, di bevande e di varie abluzioni, insomme, di regole carnali imposte fino al tempo della riforma» (Ebrei 9:9-10).
«Ma Cristo, essendo venuto come sommo sacerdote dei beni futuri, attraverso un tabernacolo più grande e più perfetto non fatto da mano d’uomo, cioè non di questa creazione, entrò una volta per sempre nel santuario, non con sangue di capri e di vitelli, ma col proprio sangue, avendo acquistato una redenzione eterna. Infatti, se il sangue dei tori e dei capri e la cenere di una giovenca aspersi sopra i contaminati li santifica, purificandoli nella carne, quanto più il sangue di Cristo, che mediante lo Spirito eterno offerse se stesso puro di ogni colpa a Dio, purificherà la vostra coscienza dalle opere morte per servire il Dio vivente! E perciò egli è il mediatore del nuovo patto affinché, essendo intervenuta la morte per il riscatto dalle trasgressioni commesse sotto il primo patto, i chiamati ricevano la promessa dell’eterna eredità» (versetti 11-15).
Il sacrificio di Cristo quale legge ha cambiato? Non la legge spirituale del Padre Suo e nostro, ma la legge del sacerdozio levitico, quella intrisa di prescrizioni carnali e di sacrifici di animali:
«Quatrocento trent’anni dopo la promessa … [la legge sacerdotale] fu aggiunta a motivo delle trasgressioni, finché venisse la progenie alla quale era stata fatta la promessa…» (Galati 3:19).
Essa fu aggiunta a causa di che cosa? A causa delle trasgressioni umane nei confronti dell’eterna volontà di Dio, espressa nei Suoi comandamenti!

Gesù Cristo riconferma la legge del Padre

Gesè disse: «Non pensate che io sia venuto ad abrogare la legge o i profeti; io non sono venuto per abrogare, ma per portare a compimento» (Matteo 5:17).
Portare a compimento significa «compiere», «adempiere», «mettere in pratica». Con la Sua Pasqua, Gesù ha portato a compimento il Suo sommo sacrificio in sostituzione dei sacrifici di animali. Ma Egli non ha abolito l’eterna volontà del Padre, espressa principalmente nei dieci comandamenti, la legge spirituale. Anzi, Gesù ha adempiuto la legge spirituale nella Sua vita quotidiana, mostrandoci altresì il modo giusto di intenderla e di viverla (Matteo, capitoli 5, 6 e 7).
Non si deve fare di tutta la legge un fascio. Esiste la «legge spirituale» (Romani 7:14), che è molto diversa da quella ritualistica e sacrificale del sacerdozio levitico. La legge spirituale è chiamata anche «la legge della fede» ossia osservata con il cuore (Romani 3:27). Paolo non mette in questione la legge spirituale, ma ciò che motiva le nostre opere. Senza fede in Dio le nostre opere sono soltanto esteriori e non hanno alcun valore. La nostra fede invece ci giustifica, anche quando le nostre opere sono involontariamente inadeguate.
Tristemente, molti credenti persistono nel concludere che i dieci comandamenti non sono parte vincolante della legge spirituale di Dio, ma semplicemente dei “suggerimenti” la cui osservanza è facoltativa.
L’apostolo Paolo però ha concluso dicendo:
«Annulliamo noi dunque la legge mediante la fede? Così non sia; anzi, stabiliamo la legge» (Romani 3:31).
«Così, la legge è certamente santa, e il comandamento santo, giusto e buono» (Romani 7:12).
Gesù dice: «Se la vostra giustizia non supera quella degli scribi e dei farisei, voi non entrerete affatto nel regno dei cieli» (Matteo 5:20).
«Voi dunque li riconoscerete dai loro frutti. Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli; ma chi fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Matteo 7:20-21).
Mediante tutte queste Scritture dovrebbe essere chiaro che i Dieci Comandamenti, la legge spirituale scritta direttamente con il dito di Dio, è riconfermata nel Nuovo Patto, quindi tuttora valida e vincolante.

Che cosa significa essere “riscattati dalla maledizione della legge”?

Molti non capiscono che cosa significhi essere «riscattati dalla maledizione della legge». Tu però puoi capire. Siamo riscattati non dalla legge, ma dalla «maledizione» della legge. Quella «maledizione» è la «penalità» che la legge richiede ai trasgressori. Anticamente la penalità era la morte per lapidazione oppure un sacrificio di animale offerto la sacerdote. Quella penalità è stata pagata da Gesù Cristo in nostra vece, in quanto Egli è «divenuto maledizione per noi (poiché sta scritto: Maledetto chiunque è appeso al legno), affinché la benedizione d’Abramo venisse sui Gentili in Cristo Gesù, affinché ricevessimo, per mezzo della fede, lo Spirito promesso» (Galati 3:13-14).
Dio ha sacrificato il Suo Unigenito Figlio per riscattare TUTTI, sia Israeliti che Gentili, perché tutti hanno peccato, tutti sono caduti sotto la penalità della legge: i primi perché non hanno tenuto fede ai patti e hanno rigettato Gesù Cristo, convinti di poter conseguire la giustizia e la vita eterna attraverso l’osservanza di una legge carnale, ritualistico-sacrificale.
I popoli Gentili hanno da parte loro predicato vita e morte di Gesù ma hanno allo stesso tempo mutato i tempi e le leggi di Dio, per continuare a vivere nel peccato dell’idolatria, annullando così il prezzo di riscatto che Cristo ha pagato per loro nella Pasqua.

Un unico Evangelo per tutti i popoli

Per questo motivo lo stesso Evangelo fu – ed è ancora – da noi predicato ad entrambi Israeliti e Gentili, i quali, pur avendo una «comune radice», continuano a mortificare lo scopo della Pasqua di Cristo, ignorando che Cristo sacrificò la Sua vita allo scopo di «creare in Se Stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia.» Quell’inimicizia è il peccato che separa da Dio – è la penalità di morte che penderebbe in eterno su tutti, Israeliti e Gentili. A meno che ci si ravveda dei nostri peccati con fede sincera.
La ragione per cui esiste ancora quel «muro di separazione» tra le cosiddette “grandi religioni” — giudaismo farisaico, cristianesimo politicizzato e religioni orientali — è il non capire lo scopo della Pasqua di Cristo.
Vero è che i primi discepoli di Gesù erano tutti Giudei credenti in Gesù Cristo. Essi dettero vita al Nuovo Israele, quello spirituale, l’Ecclesia fondata da Gesù Cristo. Ma dopo la Sua risurrezione, Gesù comandò ai Suoi Apostoli di estendere la predicazione del Suo Evangelo anche ai popoli Gentili – una predicazione che nel tempo dela fine dev’essere data «in testimonianza a tutte le nazioni» (Matteo 24:14).
Ricordiamo però che il sacrificio di Cristo è inteso ad avvicinare tutti i pagani alla «cittadinanza d’Israele e ai patti della promessa» fatta ad Israele, e non viceversa (Romani, capitoli 9, 10 e 11). Questo sta a significare che quei Gentili che sono chiamati da Dio devono ravvedersi delle stesse trasgressioni commesse dagli Israeliti; perché, dice la Scrittura, «tutti hanno peccato cadendo nella disobbedienza».
I Gentili hanno peccato per ignoranza e gli Israeliti per incredultità. Ma nel tempo propizio, Iddio ha fatto in modo che, indistintamente dalla razza, la luce della Sua santa legge e della fede in Cristo, mediante il Suo Spirito, giungesse proprio a tutti quelli che si ravvedono dopo aver accolto l’Evangelo:
«Ravvedetevi, e ciascun di voi sia battezzato nel nome di Gesù Cristo, per la remission de’ vostri peccati, e voi riceverete il dono dello Spirito Santo» (Atti 2:38).
Dio ha donato il Suo Spirito «affinché il comandamento della legge fosse adempiuto in noi, che camminiamo non secondo la carne, ma secondo lo Spirito» (Romani 8:5). Ciò vale per tutti gli esseri umani, e non soltanto per gli Ebrei.
Se respingiamo o ignoriamo la legge spirituale di Dio in nome della Sua grazia, finiamo con l’essere sedotti da Satana, perché rigettando la santa e perfetta legge di Dio, si finisce con il «volgere la grazia di Dio in dissolutezza» (Giuda 4). Torneremmo sotto la «penalità della legge», e «scaduti» dalla grazia. In altre parole, non degni di celebrare la Pasqua di Gesù Cristo.

Abbattendo i «muri di separazione»

In questo mondo ci sono troppi settarismi e occultismi. Anche le grandi religioni che, pur professando l’amore e la pace, sono guidati da uomini che s’immischiano nella politica, negli abusi e negli interessi conflittuali degli uomini carnali, anziché far conoscere, come «ambasciatori di Cristo», il vero Evangelo del Regno di Dio a tutte le genti. L’uomo cosiddetto «evoluto» si è sostituito a Dio Creatore. Un concetto talmente diabolico che, al di là di ogni apparente santità, rende corresponsabili delle ingiustizie più atroci, dei genocidi e di guerre oggi divenute globali.
Perfino parenti e quanti professano di essere credenti in Cristo sono divisi da invidia, competitività, da profondi rancori e persino da odio mortale.
Per quel che ci riguarda – per quel che riguarda ogni sincero credente – la Pasqua è un tempo di «liberazione» dagli errori del passato e di «riconciliazione» con Dio e con il nostro prossimo. La Pasqua di Gesù Cristo nostro Signore ci richiama alla necessità del ravvedimento; ravvedimento di tutti gli errori che abbiamo commesso, che hanno amareggiato la vita nostra e quella degli altri, ravvedimento di tutte quelle cose che hanno portato la mente lontano da Gesù Cristo e dalla santa chiamata che ci è stata rivolta dal Padre Eterno.
Tutti abbiamo bisogno di ravvederci, perché abbiamo trattato la verità di Dio come una cosa di poco valore, privilegiando le nostre opinioni e le nostre passioni umane. Abbiamo quindi bisogno di ravvederci non solo di quel che abbiamo fatto, ma anche di quel che siamo, schiavi della nostra carnalità! Riconosciamo quindi che solo Dio può trasformare la nostra volontà a somiglianza della Sua santa e perfetta volontà, mediante il sacrificio di Gesù Cristo e il dono del Suo Spirito Santo. Ciò esige la nostra attiva collaborazione (Filippesi 2:12).
Dopo essere stato tentato nel deserto, Gesù iniziò il Suo ministero terreno esortando tutti con queste parole: «Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino» (Matteo 4:17). Possiamo dire di più? L’instaurazione di quel Regno meraviglioso è più vicina nel nostro secolo che duemila anni fa. Certamente l’umanità continua ad avere bisogno di ravvedersi e di ricevere questa testimonianza, specialmente nel nostro tempo.
Sforziamoci dunque di entrare nel nuovo anno biblico, come l’apostolo Paolo esortava i primi pagani convertiti a Dio: «Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate: ecco sono diventate nuove» (2Corinzi 5:17).
Coltiviamo questo stesso desiderio e incoraggiamento per ciascuno di noi: «diventare una nuova creatura in Cristo». Lasciamoci alle spalle le cose vecchie ed avanziamo realmente come una nuova creazione di Dio.

Il perdono: la medicina che guarisce!

La riconciliazione con il nostro prossimo è un altro scopo principali della Pasqua di Gesù Cristo. Una vera riconciliazione implica il reciproco perdono, senza recriminazioni. Il perdono è la migliore medicina per la guarigione del corpo e della mente.
Difficile perdonare? Il digiuno e le preghiere fatte con suppliche al Padre Eterno, nel nome di Gesù Cristo, aiutano ad avvicinarci a Dio e a renderci capaci di perdonare come fa Lui (Matteo 6:14). Egli ha sacrificato la Sua vita per abbattere ogni muro di separazione; mediante il Suo sacrificio noi otteniamo serenità, pace e guarigione.
La preghiera degli umili genera pace e riposo ai loro cuori e alle loro menti, oltre che riconciliazione con Dio e col proprio prossimo, mediante la fede in Cristo. Il pregare gli uni gli altri, come pure per i nemici, significa costruire rapporti di fratellanza e di amicizia, oltre che beneficiare di stupende beatitudini. Continuiamo quindi a pregare «Padre nostro venga il tuo regno» e «sia fatta la tua volontà anche in terra come nel cielo».
Mentre ci accingiamo a commemorare la Pasqua di nostro Signore, preghiamo con maggiore frequenza e intensità, affinché sia fatta la volontà di Dio nella nostra vita personale, e che la Sua volontà sia rivelata anche a coloro ai quali nel mondo è data autorità di ben governare le nazioni.
Preghiamo per tutti noi e per i ministri di Dio, perché siano ispirati a pascere il gregge di Dio nei Suoi verdi pascoli, la Sua santa Parola, la Bibbia. Preghiamo affinché Egli protegga e benedica le nostre rispettive famiglie. Preghiamo affinché il ritorno di nostro Signore Gesù Cristo avvenga presto a liberare l’umanità da tutti i suoi dolori e dai ribelli che distruggono la terra.

Celebrare la Pasqua degnamente

Gesù disse ai Suoi discepoli: «I poveri li avete sempre con voi; e quando vogliate, potete far loro del bene; ma a me non mi avrete sempre» (Marco 14:7). Questo vale anche oggi. Ricordiamo i fratelli che hanno bisogno di aiuto e della nostra testimonianza adesso.
L’apostolo Paolo scrisse che «chiunque mangerà il pane o berrà dal calice del Signore indegnamente, sarà colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ora ciascuno esamini se stesso, e così mangi del pane e beva dal calice; poiché chi mangia e beve, mangia e beve un giudizio contro se stesso, se non discerne il corpo del Signore» (1 Corinzi 11:27-29).
Il «corpo del Signore» è anche la Chiesa di Dio, le cui “membra” [i credenti] devono continuare a sostenere e svolgere l’opera di Cristo sulla terra.
Cari fratelli e sostenitori dell’opera di Cristo, è per noi ministri di Cristo un grande privilegio servire sia voi sia l’Iddio nostro nella missione che ci è stata assegnata. Con il passare degli anni – e ne sono passati di anni – abbiamo imparato sempre di più che cosa significa essere veramente «fratelli». Già questa realtà è, di per sé, una grande benedizione!
La Chiesa di Dio Unita, editrice della rivista La Buona Notizia e di altre pubblicazioni come L’Epistola, La Sana Dottrina, I Difensori della Fede e il Notiziario, vi ama di un bene ineffabile in Cristo. I suoi membri e ministri vi amano profondamente e pregano ogni giorno per il vostro benessere sia fisico sia spirituale.
Dio sa come vorremmo essere con tutti voi durante la Pasqua e i successivi Giorni Santi! Non c’è dubbio che avremo modo di visitare molti di voi personalmente o ricevere le vostre richieste di visite durante questo nuovo anno sacro.
Vi aspettiamo a celebrare la pasqua e la Festa dei Pani Azzimi con noi. Molti di voi sapete già i luoghi e gli orari e dove eventualmente pernottare. Chi ancora non lo sapesse può farne richiesta contattandoci agli indirizzi sotto specificati.
Se invece voi abitate troppo lontano e non potete celebrare la Pasqua e la Festa degli Azzimi assieme alle nostre congregazioni, allora ci avrete vicino spiritualmente nelle nostre preghiere, affinché anche voi possiate ugualmente celebrare liberamente, a casa vostra, una santa Pasqua e gioiosa Festa dei Pani Azzimi!

Tempo speciale per sostenere l’opera

Il nuovo anno biblico porta un altro ciclo di offerte da raccogliere durante i Giorni Santi. «Tre volte all’anno mi celebrerai una festa. Osserverai la festa degli azzimi… e nessuno comparirà dinanzi a me a mani vuote» (Esodo 23:14-17, Matteo 5:17).
Abbiamo perciò messo i nostri numeri di conto correnti a margine di questo articolo. Il vostro continuo sostegno alla diffusione della verità non passa inosservato agli occhi di Dio. Il Ministero Pastorale della Chiesa di Dio Unita vi ringrazia di vero cuore. Nulla è fatto da noi senza raccomandarvi a Dio, con le nostre preghiere e suppliche quotidiane per il progresso della Sua Missione e delle vostre vite personali. Dio non ha bisogno di noi: siamo noi che abbiamo bisogno di Lui, che con la Sua santa via ci insegna il rispetto, l’onore, la gratitudine e la generosità per la salvezza anche degli altri. Siamo certi che Iddio vi ha benedetto abbondantemente, affinché siate di nuovo in grado di esprimere la vostra generosità specialmente durante le Feste comandate nella Bibbia. Dio misura la fede di noi tutti anche dalla gratitudine che dimostriamo per le benedizioni ricevute in termini materiali e spirituali edall’impegno per la diffusuone del Suo Vangelo.

Il sostenere la proclamazione della verità con offerte, specialmente durante i Giorni Santi, è un comandamento di Dio (Esodo 23:14,17, Matteo 5:17). E’ quindi uno dei nostri compiti ricordarlo a quelli che sono ben disposti a cooperare in questa missione meravigliosa, che il tempo e gli eventi dimostreranno essere la più importante sulla faccia della Terra. Tutti noi siamo chiamati ad assolvere a questa responsabilità. E’ un privilegio e un onore per noi servire in questo modo e speriamo che anche voi condividiate tale sentimento divino. Questa Missione non riceve finanziamenti pubblici, né l’otto per mille. Eppure esiste come un meraviglioso miracolo della fede di coloro che la sostengono. Grazie di cuore!
Ricordiamo quindi tutte queste cose, a Pasqua, durante la sua Festa di Pani Azzimi e nelle altre feste bibliche nel corso dell’anno sacro. Maggiori istruzioni fornibili su richiesta.

OFFERTE GIORNI SANTI

Le vostre offerte possono essere inviate in forma di vaglia o assegno non trasferibile,
oppure mediante versamento sul conto corrente postale n.: 15043243.
oppure mediante bonifico bancario:
Codice IBAN: IT26 Q 03359 01600 100000005700
Intestare a:
La Buona Notizia
Casella Postale 187 – 24121 Bergamo (I)
CONTATTI
Tel.: 035.4523573 – Fax: 035.0662142 – Cell.: 338.4097919 – Email: info@labuonanotizia.org

LaBuonaNotizia.org