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La corsa della vita

La vita cristiana ha il suo proprio percorso, la sua corsa ad ostacoli fatta di alti e bassi, che spesso presenta delle sfide quotidiane di grandezza “olimpica”. Da che cosa è costituita la nostra corsa ad ostacoli? Scopriamola insieme…

E’ una lotta mentale che comprende molte prove di fede, e che si vince attraverso l’altruismo e la perseveranza nell’ubbidire con piena fede ai comandamenti di Dio.

Quando la mia figlia più piccola era alle elementari, le venne assegnato il compito di fare un collage che rappresentasse tutto ciò che la
interessava. Ma quel compito, e la preoccupazione per tutti gli altri compiti, erano troppo grandi per lei, quasi di dimensioni “olimpiche”, e la rendevano eccessivamente ansiosa. Io mi offrii di aiutarla.  Trovai una vecchia Bibbia con le pagine che si staccavano e tagliai un versetto ben segnato che diceva: “Non siate dunque con ansietà solleciti del domani; perché il domani sarà sollecito di se stesso. Basta a ciascun giorno il suo affanno”(Matteo 6:34). Offrii questo semplice ritaglio come mio contributo al suo temuto collage e me ne andai a lavorare.
Arrivando a casa quel pomeriggio, trovai mia figlia stanca ma felice.  Mi mostrò fiera le decorazioni del suo collage, anche se decorato nel modo più stravagante che io abbia mai visto.  Incollato proprio al centro, c’era il mio ritaglio con le confortanti parole di Gesù che invitano a non stare in ansia per il domani.
Mia figlia aveva fatto sue quelle parole incoraggianti e, con rinnovata determinazione, era riuscita a portare a termine un compito apparentemente impossibile.
Nel diverso e più drammatico ambiente dei Giochi Olimpici, troviamo il medesimo spirito di squadra, di determinazione e di perseveranza.   Anche se le Olimpiadi sono finite, i suoi protagonisti e le loro storie illuminano ancora le nostre menti, e le loro imprese brillanti ci spingono ad emulare, a batterci per conseguire l’eccellenza in tutto ciò che facciamo.
Ma non siamo soltanto noi oggi a trovare questa ispirazione nei Giochi Olimpici.  Anche l’apostolo Paolo, diciannove secoli fa, scrisse ai cristiani in Corinto: “Non sapete voi che coloro i quali corrono nello stadio, corrono ben tutti, ma uno solo ottiene il premio? Correte in modo da riportarlo (vincere!) … quelli lo fanno per ricevere una corona corruttibile; ma noi per una incorruttibile” (1 Corinzi 9:24-25).
Gli antichi atleti olimpici gareggiavano per la gloria di Zeus e per vincere una corona corruttibile di rami di ulivo.   I cristiani invece corrono – vivono la loro vita – per la gloria di Dio e per una corona incorruttibile: il dono della vita eterna! Paolo non stava dicendo ai Corinzi che avrebbero potuto “guadagnarsi” la salvezza (questa è un dono di Dio), ma che dovevano comunque correre la corsa della vita, verso la meta, con tutte le loro forze, con tutto il loro cuore e per la gloria di Dio, proprio come gli atleti allenati di quei giorni davano il loro meglio per vincere e dare gloria a Zeus.
Una volta che qualcuno mette i piedi sulla “pista” che conduce al vero DIo Padre e alla vita eterna, non ci devono essere dei dietro-front: bisogna soltanto guardare avanti, spingere verso l’obiettivo, mantenendosi all’altezza del compito della professione di fede cristiana.
L’apostolo Paolo sfidava i primi cristiani di Corinto attirando la loro attenzione sullo spirito olimpico che esige dedizione allo scopo, determinazione per conseguire i risultati più eccellenti e forte volontà di resistere malgrado le avversità. Egli parlava loro nella terminologia dei Giochi classici della Grecia, sperando che avrebbero capito, proprio come oggi abbiamo bisogno di capire: infatti, quando ci si incammina nel vero Cristianesimo, ciò lo si può fare solo attraverso Gesù Cristo, ma il traguardo lo si può raggiungere  solo se avremo perseveranza, impegno e dedizione.

 antiche Olimpiadi  erano delle feste religiose

A differenza delle Olimpiadi di oggi, i Giochi dei tempi dell’apostolo Paolo facevano parte integrante della religione pagana di molti di coloro ai quali egli predicava il vangelo del Regno di Dio.   Paolo conosceva bene la dedizione religiosa degli atleti in onore dei loro dei, nonché la fervida dedizione della gente nell’onorare la religiosità dei Giochi. Il motivo per cui si servì di termini atletici nel suo messaggio cristiano diventa ancor  più chiaro quando comprendiamo il grado in cui il mondo greco era socialmente e religiosamente intriso dal rispetto di queste gare.

Il circuito dei giochi classici

Gli atleti dei tempi antichi desideravano competere nei giochi classici, non solo nelle Olimpiadi, ma anche nei giochi Istmici, Pizi e Nemei.  Anche se precedentemente in Grecia e a Roma si svolgevano giochi formali, entro la metà del sesto secolo a.C. questi quattro erano diventati i più famosi ed erano noti come “il circuito”.   Atleti molto competitivi partecipavano al maggior numero di gare possibile per aumentare al massimo le loro possibilità di vittoria e di portare onore agli dei che adoravano.
Secondo lo storico Eusebio, i giochi Istmici si tennero sull’istmo di Corinto il primo e il terzo anno di ciascuna Olimpiade a partire dal 523 a.C.   Questi giochi onoravano Poseidone, il dio greco del mare, e veniva offerta una corona fatta di rami di pino.  I Giochi Pizi si svolsero ad anni alterni a partire dallo stesso anno in onore di Apollo, il dio greco della musica, della poesia, della profezia e della medicina, e al vincitore veniva offerta una corona di rami d’alloro.  Da questo premio deriva la frase “dormire sugli allori”.  I Giochi Nemei vennero tenuti ad anni alterni ad Argolis, a partire dal 516 a.C. in onore di Zeus di Nemea. Ai vincitori veniva offerta una corona fatta di sedano selvatico.
Con tanta abbondanza di giochi ai quali partecipare, gli atleti antichi si allenavano tutto l’anno per rimanere nelle migliori condizioni, sperando di qualificarsi per tutte le gare del circuito.   Essi facevano sforzi enormi per eccellere nelle loro specialità: corsa, lotta, boxe, lancio del disco e del giavellotto e molti altri sport che si trovano nelle Olimpiadi moderne. Una parola greca per indicare una competizione atletica è agon, dalla quale viene la parola agonia; gli atleti partecipanti ai giochi del circuito agonizzavano nei loro sforzi per conquistare il trofeo della vittoria.

Confronti  biblici con l’atletica

Alla luce del diffuso entusiasmo per queste gare nel mondo greco, non dovrebbe sorprendere il fatto che Paolo facesse riferimenti metaforici ai giochi atletici.   I Giochi Istmici si svolsero a Corinto nella primavera del 55 d.C., e più o meno in quel periodo Paolo scrisse la sua prima “Lettera ai Corinzi”.   I suoi riferimenti agli atleti dei giochi classici del tempo devono essere suonati familiari alla gente di Corinto; costoro erano ispirati dagli esempi dei bravi atleti delle Olimpiadi quanto lo siamo noi.
I cristiani ai quali predicava Paolo capivano esattamente che cosa  intendeva dire quando li esortava scrivendo: “Correte in modo da riportarlo [il premio],” e “Io quindi corro, ma non in modo incerto … anzi tratto duramente il mio corpo e lo riduco in schiavitù, che talora, dopo aver predicato agli altri, io stesso non sia riprovato” (1 Corinzi 9:25-26).  Paolo capiva la ferrea disciplina e il grande allenamento necessari a un forte atleta che era capace di qualificarsi in quell’evento e andare a vincere il campionato.
Paolo non dice ai Cristiani che la salvezza può essere da loro guadagnata, ma dice loro che la salvezza la si può perdere abbandonando la corsa!  Egli stesso si cura di non venire squalificato a causa della mancata diligenza nel servire Dio.   Nessuno può guadagnarsi la vita eterna, ma la parola di Dio dice altresì che “…uno …non è coronato, se non ha lottato secondo le leggi” (2 Timoteo 2:5).
Gli atleti olimpici giuravano di fronte a Zeus di rispettare le regole dei Giochi.  Dal canto loro i Cristiani devono vivere “d’ogni parola che procede dalla bocca di Dio” (Matteo 4:4); e la parola di Dio è nella Bibbia.
Gesù Cristo ha detto parole forti a proposito di ciò che si aspetta dai Cristiani.  Rivolgendosi alla chiesa di Laodicea, Egli dà questo monito: “Io conosco le tue opere: tu non sei né freddo né fervente … Così perché sei tiepido, e non sei né freddo né fervente, io ti vomiterò dalla mia bocca” (Apocalisse 3:15-16).  Nessuna corona o medaglie di vincitore andranno a quelli che sono spiritualmente tiepidi.
Invece il dono della vita eterna andrà ai vincitori. Gesù ha promesso di incoronare colui “che vince e persevera nelle mie opere sino alla fine” (Apocalisse 2:26). Coloro che vincono e sono vittoriosi, attraverso la forza di Cristo, riceveranno un dono incalcolabile: “Chi vince erediterà queste cose; e io gli sarò Dio, ed egli mi sarà figliuolo” (Apocalisse 21:7).

Altruismo

La vita cristiana ha il suo proprio percorso, la sua corsa ad ostacoli fatta di alti e bassi, che spesso presenta delle sfide quotidiane di grandezza “olimpica”.  Da che cosa è costituita la nostra corsa ad ostacoli? E’ una lotta mentale che comprende molte prove di fede, e che si vince attraverso l’altruismo e la perseveranza nell’ubbidire con piena fede ai comandamenti di Dio.
Il Cristiano deve provvedere non solo alle necessità fisiche, mentali ed emotive sue e della sua della famiglia, ma anche a quelle spirituali. Questo è abbastanza difficile anche quando due genitori sono disponibili a “correre insieme”. Ma, spesso, solo uno dei due è maggiormente disponibile ad affrontare le molte necessità per mantenere unita la famiglia.  Non sarebbero sufficienti mille pagine per riferire gli eroici racconti di molti padri e di molte madri che hanno accantonato le proprie esigenze e i propri desideri per provvedere alle necessità e ai desideri della loro famiglia. Eppure, nessuno di loro è dispiaciuto del sacrificio e del servizio reso per raggiungere il successo e l’unità familiare.
Le Olimpiadi del 1952 a Helsinki, in Finlandia, hanno mostrato un commovente esempio di sacrificio familiare. Frank Havens, un ventottenne finalista della gara di canoa singola sui 10.000 metri vinse la medaglia d’oro, stabilendo un record mondiale.  Ventotto anni prima, anche il padre di Frank, Bill Havens, era il migliore canoista del mondo e gli era stata pronosticata la conquista della medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi del 1934.
Ma, scoprendo che sua moglie avrebbe dovuto partorire durante il periodo dei giochi di Parigi, Bill Havens rinunciò al suo posto nella squadra olimpica americana, preferendo invece  stare con sua moglie.   “Per me era pi˘ importante,” ha detto l’anziano Mr. Havens in una recente trasmissione televisiva, “vedere che mia moglie stesse bene”.
Quell’estate nacque il loro figlio Frank, ma Bill Havens aveva perso la sua possibilità di vittoria e di gloria olimpica. Dopo la conquista della medaglia d’oro a Helsinki, proprio prima della cerimonia di premiazione, Frank inviò un telegramma al padre: “Caro papà, grazie per essere rimasto ad aspettare che io nascessi.  Sto tornando a casa con la medaglia d’oro che avresti dovuto vincere tu.  Tuo figlio che ti ama tanto, Frank.”
Bill Havens fece la cosa giusta mettendo sua moglie e la sua famiglia davanti a tutto; e la ricompensa arrivò alla fine in un modo speciale e inatteso. Quando ci sacrifichiamo per il bene delle nostre famiglie, la felicità può giungere in modi che non possiamo prevedere.   La cura amorosa delle nostre famiglie certamente ha un posto importante nella vita di ogni Cristiano.

Perseveranza

Alle volte succedono cose inattese e uno si trova ad affrontare una crisi apparentemente insormontabile.  Questo può essere il periodo più difficile che un Cristiano affronterà nella sua corsa spirituale.  Molti di noi hanno visto sopravvenire circostanze nella vita di altri che hanno minacciato virtualmente di distruggere loro e le loro famiglie. Sembra che tutti noi dobbiamo affrontare le nostre prove personali.
Durante le Olimpiadi di Monaco di Baviera, in Germania, nel 1972, i Giochi di quell’anno vennero tragicamente interrotti dall’orribile spettacolo di alcuni terroristi che uccisero undici atleti israeliani. Questo deplorevole atto di violenza fece quasi sospendere i giochi, ma alla fine venne deciso che la XX Olimpiade sarebbe continuata.
Quell’anno, si verificò una delle saghe più incredibili della storia delle Olimpiadi moderne. Il vincitore olimpico e recordman della corsa dei 5.000 metri fu il ventitreenne finlandese Lasse Viren.   Nella gara dei 10.000, era la speranza migliore della Finlandia contro un forte gruppo di avversari.  Ricordo distintamente di avere assistito alla gara in televisione.  Avevo seguito le storie sui giornali sulla diligenza con la quale Viren si era allenato per i Giochi: era in condizioni eccellenti e sperava di vincere.
Tuttavia, al 12° giro della gara, un sussulto si levò dalla folla.   Il Finlandese era stato preso da un gruppo di corridori in una curva ed era finito disteso sulla schiena lungo la pista.  La sua causa sembrava davvero persa, senza speranza.  Ma Lasse Viren decise che la gara non era finita. Si rialzò da terra e si rimise in gara. Invece di farsi prendere dal panico, lentamente rimontò il gruppo dei corridori. Un estenuante giro dopo l’altro, guadagnò terreno e spinta.
L’annunciatore televisivo sottolineava il coraggio e il nobile sforzo di Viren, ma il determinato Finlandese aveva in mente qualcos’altro che il puro sforzo. Non era venuto alle Olimpiadi per abbandonare, e non era neppure venuto per perdere.   A mano a mano che riduceva lentamente il divario fra se e gli avversari, l’annunciatore riconosceva commosso che Viren stava facendo uno sforzo davvero incredibile.
Verso la fine della gara, sorprendendo tutti, Viren riagguantò il gruppo.  Il commentatore iniziò a considerare la possibilità che il Finlandese ottenesse un piazzamento.  Poi, fra la meraviglia generale, quando mancava ancora un giro e mezzo alla fine, il grande corridore finlandese prese decisamente il comando della gara, scrollandosi di dosso gli altri corridori, e vinse la gara dei 10.000 metri con otto metri di vantaggio!  Ancora più sorprendente, il suo tempo di 27:38.4 stabiliva un nuovo record mondiale!
Mentre guardavo ammirato il tremendo gesto atletico proposto da Lasse Viren, pensavo alle potenti parole dei Proverbi 24: “… il giusto cade sette volte e si rialza …” (versetto 16).
L’aspetto della vittoria di Viren che ispira di più è il modo in cui ha vinto. Non si è arreso quando è arrivata una crisi improvvisa.  Non si è fatto prendere dal panico quando tutto sembrava perduto. Si è affidato al suo allenamento, ha mantenuto la mente concentrata sul traguardo e ha corso con tutte le sue forze – quella stessa strategia che Paolo stava cercando di comunicare ai Corinzi!
Nel corso degli anni, ho visto gente cadere sempre più in basso, per poi risollevarsi con determinazione e superare il fallimento.  Ho visto uomini e donne combattere contro malattie, imminenti disastri finanziari e disperazione emotiva.  E i Cristiani?  Come devono condursi davanti a situazioni apparentemente senza speranza?  I Cristiani possono arrivare al traguardo solo attraverso Gesù Cristo!
Imparare ad affidarsi completamente alla forza del nostro Salvatore in momenti di crisi diventa come una quarta fase del “circuito” cristiano.   Paolo ha scritto: “Io posso ogni cosa in Colui che mi fortifica” (Filippesi 4:13).

La corona incorruttibile

La corsa cristiana è una sfida emozionante, non priva di “premiazione”. Notate le parole piene di speranza di Giacomo: “Beato l’uomo che sostiene la prova; perché, essendosi reso approvato, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promessa a quelli che l’amano” (Giacomo 1:12).
Il “premio” in palio per la gara dei Cristiani è una corona di vita.  Che genere di vita?  “Questa è la promessa ch’egli ci ha fatta: cioé la vita eterna” (1 Giovanni 2:25)!   Non è essenziale arrivare primi al traguardo.  Essenziale è arrivare, non abbandonando la corsa e portandola a termine con perseveranza!
Pensate.  La corona promessa ai Cristiani è la vita eterna!   Non è una corona corruttibile fatta di rami di ulivo o di pino, oppure di alloro o di sedano selvatico; ma come è scritto, “…quando sarà apparito il sommo Pastore, otterrete la corona della gloria che non appassisce” (1 Pietro 5:4); si tratta della corona della vita eterna, una corona incorruttibile, che non appassirà né morrà mai.
Il fervido desiderio di portare gloria a Zeus, ad Apollo o a Poseidone, ha portato gli atleti dell’antichità a vincere corone e serti.  Ma lo Spirito del Cristo risorto e vivente fornisce ai Cristiani la forza di condurre la corsa della vita e di vincere il male. “Non son più io che vivo”, diceva Paolo, “ma è Cristo che vive in me” (Galati 2:20).   “A questo fine io mi affatico, combattendo secondo l’energia Sua, che opera in me con potenza” (Colossesi 1:29).   La parola greca qui tradotta con “combattere”, significa “agonizzare, competere e lottare” contro il male.

La gloriosa vittoria finale

Ai Cristiani che corrono bene la corsa viene promessa una trasformazione finale incredibile, che si verificherà quando Gesù Cristo sarà fatto tornare sulla terra.
Notate la descrizione che Paolo fa di questo evento futuro: “Ecco, io vi dico un mistero.   Non tutti morremo, ma tutti saremo mutati, in un momento, in un batter d’occhio, al suon dell’ultima tromba. Perché la tromba sonerà e i morti risusciteranno incorruttibili e noi saremo mutati. Poiché bisogna che questo corruttibile rivesta incorruttibilità, e che questo mortale rivesta immortalità… allora sarà adempiuta la parola che è scritta: La morte è  stata sommersa nella vittoria” (1 Corinzi 15:51-54).
La nostra maratona lungo il sentiero della Cristianità non è facile, ma il premio che ci attende al traguardo ha un valore incalcolabile;  Dio “renderà a ciascuno secondo le sue opere: vita eterna a quelli che con la perseveranza nel bene operare cercano gloria e onore e immortalità…” (Romani 2:7).
Mia figlia non ha mai dimenticato la Scrittura che quel giorno ritagliai per il suo collage.  Adesso, dopo essersi laureata all’università, ricorda ancora quelle semplici ma potenti parole quando affronta le sfide quotidiane della sua vita cristiana.  Basta l’incoraggiamento di uno che ti ama davvero, perché tu possa iniziare o ritrovare impeto nella  tua corsa per quanto irta di ostacoli.
Naturalmente, l’aspetto più importante del nostro correre lungo il percorso della Cristianità è quello di correre dando tutta la gloria al vero Dio e Padre nostro, che ci sostiene con lo stesso Spirito del Suo Figliolo Gesù, nonché quello di mettercela tutta per dargli la gioia di vederci arrivare come vincitori a quel mirabile
traguardo.
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