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Guerra Nucleare: Mai più!

Proliferazione Nucleare: Che cosa può significare per il mondo?
Questo è stato il titolo di copertina della nostra rivista trimestrale “La Buona Notizia” di Luglio-Sett. 2015, prevedendo che l’Iran non sarebbe rimasta l’unica nazione ad ambire il nucleare. labuonanotizia.org-copertina nucleare Siamo stati lungimiranti. Riporto qui uno stralcio di quel nostro articolo, alla luce della recente notizia su nuovi esperimenti nucleari, ora da parte anche della Corea del nord. «La Corea del Nord sfida il mondo e, a sorpresa, effettua il quarto test nucleare affermando di aver utilizzato “con successo”, e per la prima volta, un ordigno a idrogeno, passo ulteriore per lo status di Superpotenza militare.  Una mossa che ha spiazzato la Cina, l’alleato storico, e che ha trovato l’immediata e durissima condanna di Usa, Corea del Sud, Giappone (e Russia), con tanto di convocazione d’urgenza del Consiglio di sicurezza dell’Onu. Dopo l’annuncio, nuove sanzioni in vista per Pyongyang anche se il test lascia forti dubbi tra gli esperti» (7 gen. 2016, ansa.it, sezione Mondo).)

Dopo l’accordo di Vienna sul nucleare con l’Iran, quale certezza c’è che quella nazione non produrrà prima o dopo armi atomiche da destabilizzare l’intera regione medio- orientale e minacciare Israele e gran parte del mondo di estinzione totale?

La profezia biblica rivela gli eventi che caratterizzeranno il prossimo futuro e il dove condurrà il terrorismo internazionale.

I controlli della polizia e le sanzioni non sono riusciti a impedire gli attentati terroristici né a fare da deterrente alla leadership iraniana nel Medio Oriente. I negoziati di Vienna l’hanno data vinta all’Iran e hanno firmato il fallimento della politica estera statunitense ed europea. Alla fine l’Iran l’ha spuntata, ottenendo la fine delle sanzioni e il via libera dell’ONU per la realizzazione del suo programma nucleare, dicono per scopi civili.

Il presidente iraniano Rohani afferma «Ora l’Iran non sarà più visto come una minaccia» (Iran e Nucleare, Repubblica.it). Il premier israeliano Netanyahu è infuriato perché è convinto che l’accordo non porterà nulla di buono nella regione mediorientale.

Ha ragione Netanyahu? Il giornalista Simone Cosimi ha scritto: «L’accordo di Vienna sul nucleare iraniano rischia solo di posticipare il problema – anzi, di estenderlo – nel giro di una decina d’anni? O forse non ci sarà più nulla da temere? E’ questa la scommessa dei negoziatori del gruppo 5+1, una volta che il regime degli ayatollah sarà uscito dall’isolamento, recuperando il suo ruolo di primo piano in Medio Oriente» (I lati oscuri dell’accordo nucleare, 16.07.2015, Wired.it).

Un’altra domanda dovrebbe essere posta: Perché concedere la licenza nucleare a nazioni che non riconoscono lo Stato d’Israele e che sono accusate di finanziare terrorismo in tutto il mondo, quando allo stesso tempo si parla di impegno globale alla non proliferazione del nucleare, che all’occorrenza può diventare armamento nucleare?

D’altro canto le nazioni che aspirano a possedere le armi atomiche affermano, perché la Francia, l’Inghilterra e gli Stati Uniti devono avere la bomba atomica e noi no?

Nel corso di una recente discussione sulla televisione britannica tra i vari opinionisti c’è stato chi ha seriamente suggerito che se la Gran Bretagna dovesse abbandonare i propri armamenti nucleari, questo atto altruistico potrebbe contribuire ad incoraggiare l’Iran a cessare e desistere dalla creazione di una propria capacità nucleare.

La stessa argomentazione fu promossa dalla sinistra liberale durante la situazione di stallo della Guerra Fredda tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale – che il disarmo unilaterale americano avrebbe portato i sovietici a seguirne l’esempio.

A quanto pare alcuni osservatori liberali influenti pensano ancora che questo approccio sia fattibile. Un editorialista dell’Herald Tribune ha scritto: «Con il taglio alle proprie armi nucleari, gli Stati Uniti avrebbero più credibilità nei propri sforzi di contenere le ambizioni nucleari degli altri» (Rimodellare l’Arsenale, 13 Marzo 2012).

Questa supposizione discutibile è stata articolata da Hans Blix, ex ispettore delle Nazioni Unite, che ha indicato come l’intervento militare occidentale in Iran non farebbe che portare al disastro occidentale. La sua formula per la pace prevede un Medio Oriente denuclearizzato, il che significherebbe un disarmo nucleare israeliano.

Il complesso dibattito sulla questione continua incessantemente da diversi anni. Osservatori conservatori ci dicono che ci stiamo sempre più avvicinando a quel temuto momento in cui l’Iran sarà infatti in possesso di una bomba nucleare. Come un editoriale del Financial Times ha scritto: «Il problema intrattabile delle ambizioni nucleari iraniane, e la minaccia ad una sempre più allarmata Israele, sembra aver raggiunto il punto di crisi» (6 marzo 2012).

Eppure non pochi commentatori liberali ritengono che questa valutazione sia più in merito alla politica israeliana che alla fisica di distruzione di massa e che una soluzione militare si rivelerà inutile, pericolosa e potenzialmente disastrosa. Così l’Occidente rimane intrappolato in un dilemma a doppio legame. Non sembra esserci alcun modo praticabile di uscirne fuori. Le opzioni sono pochissime e tutte molto rischiose. Gli analisti parlano di “un male minore”».

La situazione è davvero così terribile? Quali implicazioni per Israele, dal momento sarebbe il primo obiettivo delle minacce iraniane? Che cosa significa per il mondo? Come si posizionano le nazioni occidentali su questa questione a cominciare dagli Stati Uniti? E dove possiamo trovare il punto di vista migliore della direzione in cui gli eventi in Medio Oriente si indirizzeranno?

L’autoinganno americano

Una posizione bene informata sui forti pericoli che dobbiamo affrontare in Medio Oriente è stata pubblicata su The Wall Street Journal. Nel loro articolo intitolato “L’inganno iraniano“, il LaBuonaNotizia.org-missile-nuclearedirettore del Progetto di ricerca sulle Minacce Critiche presso l’American Enterprise Institute scriveva: «Gli americani si stanno facendo prendere in giro dall’Iran e ingannano se stessi. Non si può affermare che l’Iran non stia perseguendo un programma a lungo termine di armamento nucleare. Non ci sono prove che coloro che prendano le decisioni in Iran siano disposti a fermare il programma nucleare in cambio di una revoca delle sanzioni» (Frederick Kagan e Maseh Zarif, 27 Feb. 2012).

L’ironia è che gli Stati occidentali e l’ONU hanno ora dato all’Iran il via libera sia alla revoca delle sanzioni sia a un Iran nuclearizzato, sperando che i Mullah [il clero islamico al governo] non facciano costruire una bomba.

«Ma la speranza dei ben pensanti non dissuaderà i leader israeliani dal difendere i propri interessi più di quanto non fermerà l’Iran dall’ottenere prima o dopo armi di distruzione di massa.»

Un altro articolo del Journal inizia con una citazione del presidente Barak Obama, dove afferma con presunzione, «Io non cerco di darmi una pacca sulla spalla da solo, ma questa amministrazione ha fatto di più in termini di sicurezza dello stato di Israele rispetto a qualsiasi precedente amministrazione» (Dan Senor, “Perché Israele ha dubbi su Obama”, 6 marzo 2012). L’articolo continua a sottolineare che ora i suoi sostenitori ebrei si sentono traditi vedendo la questione in modo molto diverso.

I pericoli di nazioni ostili e dotate di armi nucleari

Cosa significherebbero nazioni aggressive dotate armi nucleari? Le possibili conseguenze sono troppo terribili da solo immaginare.

Il ministro degli esteri britannico aveva lanciato il seguente allarme a metà febbraio del 2012: «William Hague ha detto una cosa ovvia nell’affermare che una bomba nucleare iraniana provocherebbe un disastro globale» (“Rallentare il Countdown verso la guerra”, The Sunday Times, 19.02. 2012). L’articolo continua mettendo in evidenza i pericoli inaccettabili che le nazioni occidentali, ed Israele in particolare, avrebbero dovuto affrontare. I leader iraniani considerano Israele una nazione da “una bomba”. Cioè, l’Iran avrebbe bisogno di una sola bomba nucleare per cancellare lo stato di Israele dalla carta geografica. Nonostante le conquiste territoriali della guerra del 1967, Israele rimane un piccolo paese geograficamente (meno di 16 chilometri di larghezza nel punto più stretto). Le minacce iraniane di sterminare questa piccola nazione si sono verificate fin troppo spesso per non prenderle sul serio. Figuriamoci che cosa potrebbe fare la Corea del Nord, ora che possiede di fatto l’arma nucleare.

Chiaramente una guerra nucleare contro Israele devasterebbe l’intera regione e metterebbe in grave pericolo l’economia mondiale, se non il mondo stesso. In uno dei suoi libri Jerome Corsi ha scritto: «Effettivamente Israele è uno stato da ‘una bomba’, cioè basterebbe una sola bomba atomica, anche di un impatto relativamente basso, fatta esplodere con successo su Tel Aviv, il centro affari, bancario e delle telecomunicazioni di Israele, per distruggere totalmente lo stato ebraico» (Perché Israele non può attendere: L’imminente guerra contro Israele: 2009, p. 102).

Sponsor del terrorismo?

L’editoriale del The Sunday Times ha affermato che l’Iran aveva unito le forze anche con al Qaeda. Ha inoltre dichiarato che «anche senza un’arma nucleare, l’Iran è già la più grande forza destabilizzante in Medio Oriente. Si comporta raramente come un ordinario stato ostile. Le sue divisioni interne indicano come il regime stesso sia instabile ed agisca di conseguenza».

Dovremmo anche considerare la sponsorizzazione costante da parte dell’Iran ai gruppi terroristici di Hezbollah e di Hamas, che hanno a lungo minacciato Israele usando rispettivamente lo stato vassallo del Libano e i militanti palestinesi di Gaza e Cisgiordania. Un altro modo di metterla è che «l’Iran gestisce un impero postmoderno non convenzionale, di entità e sottostati nel Grande Medio Oriente: Hamas in Palestina, Hezbollah in Libano, e il movimento sadrista nel sud dell’Iraq» (Robert Kaplan, gli affari esteri, maggio-giugno 2009).

Considerando i tanti precedenti da parte dell’Iran nel sostenere gruppi e movimenti terroristici, se l’Iran dovesse sviluppare armi nucleari non è affatto difficile immaginare che quello stato teocratico condivida queste armi mortali con gruppi che hanno poco rispetto per la vita e poco da perdere nel portare avanti i loro obiettivi letali.

Il ricatto nucleare

Un altro scenario preoccupante con un Iran dotato di armi nucleari è la minaccia di ricatto nucleare che incombe su chiunque nel loro raggio d’azione. Altre potenze regionali hanno da tempo riconosciuto il desiderio iraniano per l’egemonia sul territorio e delle sue risorse energetiche pregiate. Per questo motivo l’Egitto, la Turchia e l’Arabia Saudita hanno tutti dichiarato che se l’Iran ottenesse la bomba, anche loro saranno costretti a sviluppare o acquisire armi nucleari per timore che l’Iran possa tenerli in scacco.

Per lo stesso motivo, un Iran nucleare ha anche gravi implicazioni per le potenze militari occidentali, specialmente per gli Stati Uniti e loro Alleati. Risorse militari americane nella regione, come le truppe statunitensi e le basi nel Golfo Persico, l’Afghanistan, Kuwait, Bahrein, Qatar ed Emirati Arabi Uniti (UAE), si troveranno a breve distanza di missili e pericolo, non appena l’Iran svilupperebbe con successo un testata nucleare. Le opzioni degli Stati Uniti saranno rapidamente e severamente limitate allora, un punto che la leadership americana si è perso.

Riconciliazione o attacco preventivo?

Il professore di Harvard Niall Ferguson ha riassunto le opzioni occidentali nella sua rubrica su Newsweek, concludendo: «La guerra è un male. Ma a volte una guerra preventiva può essere un male minore di una politica di riappacificazione, altre volte invece no» (“Israele e l’Iran sull’orlo della distruzione in una nuova guerra dei sei giorni”, 6 febbraio 2012).

Ferguson ha elencato cinque ragioni per cui Israele dovrebbe astenersi dall’attaccare preventivamente l’Iran. Le prime quattro sono la rappresaglia iraniana attraverso la chiusura dello Stretto di Hormuz ed il supporto al terrorismo, i musulmani che mettono a fuoco l’intera regione, l’ascesa alle stelle dei prezzi del petrolio che perturberebbero gravemente l’economia mondiale ed il rafforzamento della leadership iraniana.

L’’ultima ragione è: «Un Iran dotato di armi nucleari non è qualcosa di cui preoccuparsi. Normalmente gli stati diventano più avversi al rischio [per evitare il rischio], quando posseggono armi nucleari.»

L’Iran si è dimostrato però troppo instabile. Ferguson ha perciò messo in ridicolo l’idea che le armi nucleari potessero rendere i leader iraniani improvvisamente responsabili dicendo: «Dovremmo credere che una teocrazia sciita rivoluzionaria diventi democratica e diplomatica nell’arco di una notte… solo perché avrebbe finalmente acquisito armi di distruzione di massa?»

Ferguson ha continuato a dire: «Il più grande pericolo nel Medio Oriente di oggi non è il rischio di una guerra dei sei giorni israeliana contro l’Iran. È il rischio che l’atteggiamento superficiale e speranzoso occidentale permetta ai mullah di Teheran di fabbricare armi nucleari. Perché non ho alcun dubbio che poi sfruttino al massimo una tale leva letale. Avremmo permesso la creazione di un impero di estorsione».

Sorprendentemente, i leader e gli analisti politici sembrano incapaci o non disposti ad affrontare le implicazioni terrificanti delle credenze religiose del precedente presidente iraniano Ahmadinejad e dei mullah ai quali rispondeva.

Gerusalemme: fulcro della profezia del tempo della fine

Indipendentemente da come le cose procedono nel breve termine, siamo in grado, grazie alle profezie bibliche, di sapere dove gli eventi sono diretti a lungo raggio, dandoci la prospettiva necessaria. Ad esempio, si può sapere che un soggetto politico ebreo rimarrà in Gerusalemme e nella terra di Israele, non importa quello che l’Iran riesce a fare. Gli ultimi capitoli del libro di Daniele descrivono persino gli ebrei degli ultimi tempi che ripristinano i sacrifici di animali a Gerusalemme – sacrifici che sarebbero fatti cessare, per tre anni e mezzo, dall’invasione militare da parte di una prossima rinascita moderna dell’impero romano. Ma che Gesù Cristo tornerà dal cielo con l’immortalità e la potenza di Dio per porre fine al genocidio dei popoli da parte della follia delle nazioni. Così, stando alla Bibbia, le nazioni ostili e aggressive non riusciranno a cancellare Israele dalla carta geografica. Tuttavia, lo Stato ebraico potrebbe ugualmente subire gravi devastazioni.

Gesù Cristo ha però promesso di tornare a Gerusalemme, scendendo proprio sul punto da dove Egli ascese al cielo, il Monte degli Ulivi (Zaccaria 14: 4; Atti 1: 9-12).

Geograficamente, la Bibbia è un libro medio orientale. Il fulcro del compimento della profezia biblica avverrà in Medio Oriente, anche se l’Europa centrale e gli Stati Uniti assumono anch’esse una grande importanza profetica, soprattutto nei libri di Daniele e Apocalisse.

Così il punto focale degli eventi finali è proprio la Terra Promessa. «Così parla DIO, il Signore: Ecco Gerusalemme! Io l’avevo posta in mezzo alle nazioni e agli altri paesi che la circondavano» (Ezechiele 5:5). Gerusalemme simboleggia sia la città che l’intera nazione d’Israele.

Nessun altro territorio su questo pianeta ha suscitato tali incendiarie passioni religiose. Mentre una parte del piano di Dio per gli esseri umani ha già fatto storia nella Terra Santa, parti del Medio Oriente sono stati il luogo geografico in cui si è compiuta grave idolatria spirituale con tutte le sue tragiche conseguenze.

Invitiamo i nostri lettori a seguire gli sviluppi dell’intero Medio Oriente e i nostri articoli in merito. Gli eventi profetizzati avranno un forte impatto sulla nostra vita personale, indipendentemente da dove risiediamo su questo pianeta tormentato. E’ sempre più urgente che umilmente ci rivolgiamo a Dio Creatore per chiedergli aiuto, intendimento e liberazione in questi tempi molto inquietanti.

Carmelo Anastasi

LaBuonaNotizia.org