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Charles Darwin: La “evoluzione” di un uomo e delle sue idee

In tutto il mondo sono stati celebrati il bicentenario della nascita di Charles Darwin e il 150esimo anniversario della sua famosa pubblicazione nel 1859 sulla “Origine delle specie mediante selezione naturale”. Ma ecco i suoi errori…

In tutto il mondo sono stati celebrati il bicentenario della nascita di Charles Darwin e il 150esimo anniversario della sua famosa pubblicazione (Origine delle specie mediante selezione naturale”). Ci sono state moltissime celebrazioni per onorare la memoria di quest’uomo che ha rivoluzionato il pensiero scientifico e accademico  di quasi il mondo intero. Le idee basate sull’evoluzionismo darwiniano influenzano ancora oggi la maggior parte delle teorie scientifiche e filosofiche insegnate nelle scuole e nelle università e diffuse dalla stampa.
Ma chi era esattamente Charles Darwin? Per quali motivi la sua teoria dell’evoluzione ha avuto un tale impatto? E cosa più importante, questa teoria è davvero valida?
E’ stato scritto molto su Charles Darwin, ma sono in particolare due i libri, scritti da autori, che hanno esaminato in modo esauriente tutti gli aspetti della sua vita: il primo è “Vita di Charles Darwin], di Adrian Desmond e James Moore, mentre la seconda opera è composta da due volumi intitolati “Charles Darwin: Voyaging” (1995) e “Charles Darwin: The Power of Place” (2002) di Janet Brown, professoressa all’Università di Harvard. Inoltre, ci sono anche l’autobiografia scritta da Darwin stesso e gli scritti del figlio Francis.
Dall’altra parte della barricata ci sono invece opere che criticano Darwin e la sua teoria. Per fare un paio di esempi, una è “Evolution: A Theory in Crisis” [ovvero «Una teoria in crisi»  [1995], magistralmente scritta da Michael Denton, medico e biochimico, e un’altra è “Darwin on Trial” ovvero “Processo a Darwin» (1991) di Phillip Johnson, professore all’Università della California. Buona parte del materiale usato per scrivere questo articolo è stato estrapolato dalle fonti sopracitate.

La gioventù di Darwin

Sono in molti oggi a credere che Darwin sia stato il primo a elaborare il concetto di evoluzione, anche se in realtà era noto già al tempo dell’antica Grecia. Ciò che rese Darwin così famoso fu il fatto che egli seppe rielaborarlo attraverso un meccanismo che fa  apparire la teoria effettivamente sensata: la “selezione naturale”.
Due dei personaggi che influenzarono maggiormente i primi anni della vita di Darwin e i suoi pensieri furono suo padre, Robert, e, anche se indirettamente, il suo celebre nonno Erasmus. Benché Erasmus fosse già morto quando nacque Charles, Robert si assicurò che il figlio studiasse approfonditamente gli scritti del nonno riguardo all’evoluzione.
Nella sua opera “Zoonomia” [conosciuto in Italia con il titolo “Le leggi organiche della vita”, n.d.t.], Erasmus Darwin espone molti dei concetti evoluzionistici che Charles avrebbe adottato in seguito per elaborare le sue teorie. Erasmus era stato un medico di successo, così come anche suo figlio Robert, ed entrambi vissero portando avanti degli ideali decisamente anticlericali, anche se furono sempre molto attenti a non attaccare direttamente il clero. «Il nome di Darwin», scrivono Desmond e Moore, «era già all’epoca associato al concetto di ateismo, e il dottor Robert stesso teneva le sue teorie ben nascoste…» (pag. 12).
Charles finì quindi per rifiutare la fede cristiana, in parte perché non poteva accettare il destino che egli pensava fosse riservato ai non credenti come suo nonno, suo padre, suo fratello maggiore e persino se stesso.
La madre di Darwin morì tragicamente quando lui aveva 8 anni, e dopo quell’evento egli cominciò a condividere i pensieri dissoluti e libertini del padre e del nonno defunto. Scrisse nell’autobiografia: «Mi sento ora di poter confessare che da piccolo spesso mi capitava di dire bugie intenzionalmente, per puro divertimento» .
Come vedremo, queste tendenze a raccontare storielle ben elaborate ma infondate e a nascondere segreti si ripercuoteranno inevitabilmente sulla sua vita da adulto. Suo padre, sebbene rifiutasse segretamente la fede cristiana, pensò che la cosa migliore per il suo figliolo indisciplinato e menefreghista fosse vivere la vita agiata di un parroco di campagna, e potere così nel frattempo coltivare in tutta tranquillità il suo interesse per la storia naturale.
Darwin portò così a termine il corso di studi di teologia e per il periodo seguente abbracciò la fede cristiana, ma ancor prima che potesse trovare un impiego all’interno del clero, gli fu offerto un posto sulla nave inglese HMS Beagle, con il compito di intrattenere il capitano mentre consumava i suoi pasti, mentre il ruolo del naturalista di bordo fu assegnato invece al chirurgo della nave. Quei cinque anni in viaggio per il mondo cambiarono radicalmente la sua vita e le sue credenze. Durante quel periodo accaddero degli eventi molto significativi, e precisamente quattro, che cambiarono per sempre il suo destino . Il primo fu il viaggio in sé, grazie al quale poté appagare quella grande curiosità e forte passione per la storia naturale e la geologia che lo avrebbero accompagnato per il resto della sua vita. Secondo, Darwin si ribellò alla bigotta religiosità del capitano della nave, Robert FitzRoy. Terzo, Darwin lesse i libri di Charles Lyell sulla geologia in cui si contestava il fatto che la terra avesse milioni di anni, scuotendo nel profondo la sua fede e fugando ogni minimo dubbio rimasto riguardo una sua futura carriera nel clero. Quarto, Darwin rimase stupito dall’enorme varietà di creature viventi che ebbe l’opportunità di vedere con i suoi occhi, specialmente sulle Isole Galapagos, e si chiese come queste specie, così diverse tra loro, potessero adattarsi alle credenze dettate dal creazionismo in voga all’epoca.
Tornato in Inghilterra, sfinito dal viaggio lungo e pericoloso, giurò a se stesso che non avrebbe mai più navigato, e infatti trascorse la maggior parte del resto della sua vita all’interno dei confini delle sue due proprietà in campagna a Downe e a Londra, a circa 15 miglia di distanza.
All’età di 29 anni sposò Emma, sua cugina di primo grado. Dopo le nozze iniziò a comportarsi come l’ennesimo signorotto inglese di campagna, che viveva nel lusso sfruttando il denaro del padre e circondato da un’intera corte di cuochi, cameriere, maggiordomi e giardinieri. Non ebbe mai un vero impiego, e aveva a disposizione tutta la ricchezza e il tempo libero di cui aveva bisogno per approfondire qualsiasi argomento gli interessasse.

Sentimenti contrastanti

Darwin dedicò la sua vita allo studio della natura, sognava di diventare un grande naturalista. Leggendo il libro di Thomas Malthus “Essay on the Principle of Population” [Saggio sul principio della popolazione], Darwin rimase estremamente colpito dall’analogia esistente tra la forte competizione umana per accaparrarsi le risorse naturali e la costante lotta per la sopravvivenza nel regno animale, arrivando così ad elaborare il concetto che getterà le basi per spiegare il meccanismo evolutivo: la selezione naturale ovvero la sopravvivenza del più forte.
Secondo Darwin, le mutazioni genetiche casuali offrivano alla prole dei vantaggi fisici rispetto alle creature che non ne avevano subite. Queste creature più forti avrebbero avuto la meglio sui propri simili nella sopravvivenza alle condizioni ambientali, rendendoli capaci di riprodursi maggiormente e tramandando il corredo genetico modificato alle generazioni future. Darwin immaginò che dopo diverse generazioni, queste mutazioni avrebbero portato alla nascita di nuove specie, spiegando così la presenza di tutti i diversi generi di piante e animali che conosciamo.
Durante il suo studio sull’evoluzione, che verrà chiamata in seguito trasmutazione, Darwin iniziò a chiedersi perché l’uomo sentisse il bisogno di credere in un Dio Creatore. Cominciò a scrivere delle note sull’argomento, mantenendole tuttavia segrete per paura che le sue idee venissero considerate troppo radicali. Era pur sempre un signorotto di campagna con moglie e amici cristiani, e ritenne quindi opportuno tenere i suoi pensieri eretici per sé. Ammise di sentirsi come se stesse “confessando un omicidio … Per questi motivi mascherò con astuzia le sue idee, adoperando molti eufemismi nei suoi scritti» (pag. 259).
Almeno nei suoi scritti segreti era abbastanza schietto da definirsi “materialista”, parola che, nella terminologia dell’epoca, indicava una persona che credeva che esistesse solo la materia nell’universo, e che questo universo costituito prettamente da materia fosse governato da leggi fisiche indipendenti dall’intervento di un Creatore.
Purtroppo nonostante cercasse di vivere una vita rispettabile, e che effettivamente dall’esterno sembrava normale, la sua coscienza veniva continuamente lacerata da pensieri inquietanti. «…più si addentrava nel profondo del suo lavoro clandestino, elaborando concetti che avrebbero scioccato i suoi colleghi», continuano Desmond e Moore, «più la sua salute ne risentiva. Viveva una doppia vita, nell’impossibilità di condividere il suo lavoro con alcuno… per timore di venire etichettato come eretico» (pag. 233).
La famiglia di Darwin subì in seguito due colpi devastanti. Secondo la biografa Janet Browne, la morte della sua amata figlia Annie alla tenera età di 10 anni, e quella del suo primogenito William seguita un anno dopo, provocarono in lui sentimenti di profonda amarezza nei confronti di Dio. «Queste morti rappresentarono formalmente l’inizio del distacco cosciente di Darwin dalla tradizionale figura di Dio… Subentrò anche una sensazione di desolazione. L’indifferenza verso la religione di una chiesa corrotta e il ‘mondo senza Dio’ prospettato dalla sua teoria, si sommarono al vuoto del lutto» (pag. 503).
Purtroppo, ironicamente, si potrebbe affermare che Darwin stesso fu una vittima della sua teoria, visti i danni genetici che derivano dalle unioni tra consanguinei. Nel 1839 sposò Emma, sua cugina di primo grado. Le famiglie si erano precedentemente imparentate attraverso altri matrimoni tra cugini di primo grado, moda assai rischiosa per l’eredità genetica. Da questi matrimoni nacquero 26 bambini: 19 erano sterili e cinque morirono prematuramente, inclusi la figlia e il primogenito di Darwin. Molti di loro erano ritardati o presentavano altre malattie ereditarie, come nel caso del suo ultimo figlio. Tutti questi eventi suscitarono una forte ostilità da parte di Darwin nei confronti dell’idea di un Dio che interviene direttamente nelle questioni umane.

“Il cappellano del diavolo”

A quel punto Darwin era combattuto se pubblicare o meno la sua teoria, temendo comunque dell’ostracismo. Temeva di venire accusato a causa di quel libro, com’era accaduto al vero cappellano del diavolo, il reverendo Robert Taylor, il sacerdote laureato a Cambridge colpevole di aver abbandonato la sua fede e che fu per questo imprigionato con l’accusa di blasfemia.
Alla fine Darwin si decise a pubblicare quello che egli stesso aveva definito «il mio libro maledetto», perché un suo collega, Alfred Russel Wallace, stava per pubblicare la sua stessa teoria e Darwin  non voleva che se ne prendesse i meriti.
Dal momento in cui iniziò a scrivere in segreto le sue idee sull’evoluzione e sul materialismo, cominciò a soffrire di terribili disturbi psicosomatici che si portò dietro per tutto il resto della sua lunga vita. Visse infatti 40 anni in condizioni precarie di salute.
Non solo soffriva di disturbi probabilmente indotti dalla psiche, ma era anche costantemente tormentato da dubbi riguardo la sua stessa opera. Confessò infatti ad alcuni colleghi scienziati: «E’ solo uno straccio di ipotesi, in cui vi sono tante incongruenze quante sono invece le parti sensate…». Ad un altro collega scrisse, «Ho dedicato la mia vita a una fantasia» (Desmond e Moore, pag. 475-477).
Il suo libro sulla teoria dell’evoluzione sferrava un attacco diretto alle errate credenze religiose dominanti in quell’epoca, ma che finì per rivelarsi non meno distruttivo. Come spiegano Desmond e Moore: «Darwin ne intravide le conseguenze devastanti: Se le specie possono davvero essersi scambiati il patrimonio genetico l’una con l’altra, allora l’intero pensiero teologico creazionista è in errore e la fede in un Dio Creatore non ha alcun senso!».
Nonostante fosse lacerato dai dubbi, Darwin ebbe strada facile in un periodo storico molto particolare, in cui l’Europa era in subbuglio, profondamente afflitta dalla Rivoluzione Francese, dalla sovversione di numerosi regimi monarchici e del potere clericale, tutte condizioni che aiutarono le sue teorie a prendere piede più facilmente.
Nella sua autobiografia, Darwin scrisse: «La diffusione dello scetticismo e del razionalismo a cui ho assistito nell’ultima parte della mia vita è quanto di più straordinario potesse accadere». Il vento dei profondi cambiamenti politici e sociali soffiava nella sua direzione, ed egli fu perfettamente in grado di trarne vantaggio.
L’era del positivismo era arrivata, insieme alla promessa che la scienza avrebbe portato un’ondata di progresso materiale e scientifico, trovando finalmente le risposte a quelle domande che l’uomo si pone da sempre, e offrendo una soluzione ai problemi senza chiamare in causa né Dio né la religione. Tra l’altro in quel periodo, le chiese in tutto l’occidente erano viste da molti radicali come corrotte e staccate dalla realtà.
«Secondo la teoria di Darwin», affermano Desmond e Moore, «il mondo non sarebbe il risultato dell’intervento diretto di un unico Dio, ma si sarebbe auto-generato. Dagli echinodermi [creature come la stella marina] agli esseri umani, tutto sarebbe avvenuto come conseguenza di un’adeguata redistribuzione della materia vivente in risposta a un ambiente che subisce costanti mutazioni geologiche» (pag. 237).
Va anche detto che nelle edizioni successive del suo libro Delle Origine delle Specie Darwin si ricrede e scrive: «Questa vita, con tutti i suoi grandi poteri, ha un ché di sublime, essendo stata in origine generata dal Creatore e poi plasmata in tutte le sue diverse forme». E in una lettera del 1879 scrisse: «Non ho mai negato l’esistenza di un Dio… ma mi ritengo un agnostico» (lettera di Darwin a J. Fordyce, pubblicata da quest’ultimo nell’opera Aspects of Scepticism, 1883).

Le conseguenze della teoria

I risultati della teoria evoluzionistica di Darwin furono drammatici. L’ateismo e il laicismo spopolavano. Richard Dawkins, uno dei sostenitori più accaniti di Darwin e dell’ateismo dei giorni nostri, fece un’affermazione che passò alla storia: «Darwin ha fatto in modo che anche un ateo potesse sentirsi intellettualmente soddisfatto» (The Blind Watchmaker, 1986, pag. 6).
Il materialismo scientifico si diffuse in un lampo. Karl Marx, il padre del comunismo, per gratitudine nei confronti di Darwin gli spedì Das Kapital, la sua opera più importante sul comunismo. «Il libro di Darwin si adatta al mio intento», scrisse al suo collega comunista Friedrich Engels, «poiché rappresenta il fondamento scientifico della lotta di classe nella storia» (Browne, pag. 188).
Fu grazie alla teoria evoluzionistica quindi che si formarono in diversi paesi del mondo come la Russia, la Cina e altri ancora, i presupposti necessari per lo sviluppo di filosofie distruttive quali l’ateismo e il comunismo. Se le idee di Darwin stavano guadagnando sempre più in rispettabilità, i valori morali assoluti nel frattempo venivano invece sempre più messi in discussione. Se non c’è un Creatore, allora tutto è lecito. Se non c’è un Dio, allora non ci sono conseguenze definitive. Se non ci sono autorità all’infuori di noi stessi, allora valgono le regole della sopravvivenza del più forte, e di conseguenza acquista credibilità anche l’idea che ogni mezzo è lecito per raggiungere i propri obiettivi, diventa lecito applicare la legge della giungla: solo i forti sopravvivono. Per tagliare la testa al toro, Darwin scrisse nel 1871 il suo Descent of Man, in cui affermò che l’uomo deriva dalla scimmia, un libro con speculazioni prive di fondamenti scientifici e contenente anche delle affermazioni razziste, inclusa quella della supremazia della razza bianca.
Prima e durante la Seconda Guerra Mondiale Hitler riprese alcune delle  idee di Darwin, definendole “Darwinismo sociale”, per giustificare la sua intenzione di eliminare milioni di ebrei e altre razze che egli riteneva inferiori. Disse: «E’ la natura stessa ad essere crudele, quindi possiamo esserlo anche noi. Ho il diritto di liberare il mondo da milioni di persone appartenenti a una razza inferiore che si riproducono come insetti parassiti! …Gli istinti naturali fanno sì che tutti gli esseri viventi non solo conquistino i propri nemici, ma li distruggano anche» (Hermann Rauschning, The Voice of Destruction, 1940, pag. 137-138). Per questo motivo Hitler poteva tranquillamente affermare che stava applicando la teoria dell’evoluzione e semplicemente accelerare l’inevitabile processo che porta alla sconfitta del più debole. Tutto ciò era necessario per fare spazio a una razza più forte, superiore. Darwin diede a Hitler ciò che egli pensava fosse una validazione morale e scientifica alle sue idee deviate, e in buona parte, fu proprio a causa di quelle idee deviate che durante la Seconda Guerra mondiale morirono qualcosa come 65 milioni di persone. Oggi il terrorismo e la guerra preventiva sono ispirazioni della teoria evolutiva: vince il più forte, chi attacca per primo.

Le pecche della teoria di Darwin

Il 150esimo anniversario della pubblicazione de Sull’Origine delle Specie è appena passato, ma il mondo è ancora profondamente confuso e diviso. La fede in Dio, nella creazione e nella Bibbia è drasticamente diminuita, privilegiando la fede in ciò che è rimasta teoria scientificamente mai provata. Nel frattempo però, le nuove scoperte scientifiche che vengono fatte man mano, tra cui gli intricati meccanismi che regolano il DNA umano (una catena composta da 3 miliardi di istruzioni genetiche meticolosamente assemblate), la struttura della cellula con la sua sbalorditiva complessità, e il fatto che non si trovino prove che attestino l’effettiva esistenza di forme transitorie tra i diversi milioni di generi di animali e piante, fanno vacillare la teoria di Darwin.
«Appena 25 anni fa», commentò nel 1997 Patrick Glynn, ex ateo che ottenne il dottorato ad Harvard «una qualsiasi persona dotata di razionalità che avesse voluto valutare la questione unicamente attraverso le prove scientifiche a disposizione avrebbe con molta probabilità sostenuto la teoria dello scetticismo, ma ora le cose sono cambiate. Oggi gli elementi concreti fanno propendere decisamente per l’ipotesi della creazione da parte di Dio» (God: The Evidence, ovvero L’evidenza che Dio Esiste, 1997, pag. 55-56).
Tuttavia molti scienziati sono ancora riluttanti a rinunciare alla teoria dell’evoluzione, per timore di perdere la faccia e per timore che la Chiesa riguadagni l’antico potere di inquisire e mettere a morte i dissidenti.  «Ci schieriamo dalla parte della scienza, nonostante ci rendiamo conto del fatto che alcuni concetti teorici, come quello dell’evoluzione, sono palesemente assurdi», ammise candidamente Richard Lewontin, biologo ad Harvard, (Billions and Billions of  Bollions (York Review of Books, 09/01/1997, pag. 31).

Dov’è la prova?

Di certo, ciò che è sempre mancato a supporto della teoria di Darwin è la prova dell’esistenza di forme intermedie tra gli organismi unicellulari e quelli pluricellulari, tra i rettili e i mammiferi, e tra la scimmia e l’uomo, giusto per fare qualche esempio. Darwin stesso non sapeva spiegarsi «perché allora ogni formazione geologica e ogni strato non sono pieni di tali collegamenti intermedi? La geologia di certo non rivela alcuna catena organica così finemente graduata; è questa l’obiezione più ovvia e seria che può essere proposta contro la mia teoria» (Sull’origine delle specie, 1958, ediz. Mentor, pag. 293-294).
Cosa fece quindi? Giustificò la mancanza di prove affermando che i fossili rinvenuti erano troppo scarsi e mal conservati. Eppure oggi, secondo il biochimico Michael Denton, dei 44 ordini di vertebrati terrestri viventi, 43 sono stati trovati come fossili (il 97% del totale dei reperti ritrovati), e tra questi non compare nemmeno una di queste forme transitorie, nemmeno una vaga via di mezzo tra le scaglie dei rettili e le piume degli uccelli, nonostante siano questi esseri collegati tra di loro» (The Panda’s Thumb, 1980, pag. 181).
Se la teoria di Darwin fosse corretta, allora si sarebbero dovute trovare milioni di forme transitorie, sia animali che piante nei loro diversi gradi di trasformazione in altri generi, attraverso la mutazione e la selezione naturale. Infatti, se la teoria dell’evoluzione fosse effettivamente fondata, dovremmo essere in presenza di molte più forme transitorie che non specie complete e pienamente funzionanti. In più, dovremmo aspettarci di vedere chiaramente più di un milione di creature e specie che mutano gradualmente, sia qui sulla terra che nei vari tipi di fossili ritrovati. Invece non sussiste nulla di tutto ciò.
Ci sono dei documenti che attestano che Darwin cambiò idea verso la fine della sua vita, forse rimpiangendo anche il fatto che le sue idee fossero state condivise e persino accettando l’idea della salvezza attraverso Cristo (pur tuttavia continuando a credere nell’evoluzione). Ciò non è da escludere, dato che Darwin teneva le sue credenze personali per se stesso, e nessuno della sua famiglia fu mai conscio dei suoi cambiamenti di pensiero, inclusa sua moglie, e per la società non avrebbero davvero avuto alcuna importanza, poiché i suoi sostenitori non avrebbero comunque indietreggiato. I biografi Desmond e Moore, nella loro conclusione a pagina 677, descrivono Darwin attraverso l’immagine solenne del suo riposo eterno nell’Abbazia di Westminster: «Abbiamo assistito all’ascensione al potere politico e religioso degli scienziati e dei loro più accaniti sostenitori, e questo a causa di Darwin, che aveva demolito il concetto di Creazione e consegnato la natura umana e il destino dell’umanità nelle loro mani. La società non sarà più la stessa. Il ‘Cappellano del Diavolo’ ha compiuto la sua opera». BN